Esiste una categoria di band a cui nessuno si sognerebbe mai di chiedere il capolavoro in grado di cambiarti la vita e le band che fanno parte di questa categoria lo sanno benissimo. Sanno di essere innocue, sanno che nessuno metterà mai il peso del futuro della musica sulle loro spalle, sanno perfettamente che tutto quello che gli si chiede sono canzoncine semplici, catchy, divertenti, che tolgano dalla testa ogni pensiero e che facciano muovere il piedino a tempo mentre si torna a casa dopo stancanti giornate di lavoro.
Gli Wombats fanno parte di questa categoria. E ne vanno chiaramente fieri, perchè nessuno vive meglio di chi, banalmente, se ne fotte. La questione della difficoltà del secondo album non li ha nemmeno sfiorati, è ovvio. Sono andati avanti sicuri sulla strada presa con il primo disco, solo con molti più synth e meno chitarre. Le melodie, l’interpretazione vocale sempre sentitissima, la velocità e il cazzeggio sono le costanti.
“This Modern Glitch” tende decisamente all’electro-pop e per ovviare alla perplessità che potrebbe nascere in chi non si aspettava questa tendenza, inizia con “Our Perfect Disease”, una canzone che più che la perplessità , fa crescere l’attenzione e la voglia di capire fino a dove possono spingersi questi ragazzi. E dopo i singoli (ancora una volta azzeccati) “Tokyo (Vampires And Wolves)” e “Jump Into The Fog” è abbastanza chiaro che, per questo secondo lavoro, hanno intenzione di spingersi il più vicino possibile ai Take That di “Progress” (soprattutto con “Techno Fan” e “Schumacher The Champagne”), ovviamente con meno budget, meno esperienza e meno genialità .
Gli Wombats tornano, quindi, dopo quattro anni, con un secondo lavoro pieno zeppo di synth e di suoni dance che accompagnano le melodie e i ritmi a cui ci avevano abituati. “This Modern Glitch” è sicuramente meno brillante del debutto, ma è decisamente coinvolgente e divertente e, nonostante un passo falso (quella “Last Night I Dreamt”…” che si perde dopo un inizio promettente), scivola via tranquillo e libera la mente. Non sono geniali e non saranno l’ispirazione di nuove band, ma questi ragazzi di Liverpool hanno capito tutto e con il minimo sforzo si portano a casa ancora una volta le loro tre stellette.