Peter Silberman avrà pure il volto cupo, la faccia della nutrice pronta ad accollarsi tutti i guai del mondo, ma con la musica ci sa fare. Lo aveva dimostrato appena due anni fa con il quasi capolavoro “Hospice“: concept introspettivo sul rapporto uomo”“malattia che Bergman avrebbe accolto con tanto di benedizione. Aveva giocato tutte le sue carte sfoggiando chitarre shoegaze in brani dal retrogusto folk e soul. Aveva concepito un lavoro intimista circondandosi delle quattro mura di un’asettica stanza di ospedale (tanto che ti viene a mente Yoko Ogawa). Oggi torna con un album: “Burst Apart”, e le cose che sono cambiate non sono poi molte, ma si sentono.
Scordatevi le dinamiche capricciose di “Sylvia” o di “Kettering” (che poi erano i pezzi da novanta di “Hospice”), il nuovo Antlers abbandona ogni epicità a favore di ballad agrodolci e “synthetizzate”. Il capolavoro del disco è probabilmente “Parentheses”: seducente nel suo incedere e con una batteria il cui suono ha qualcosa a che fare con la perfezione. La stoffa è dei migliori Radiohead. “No Widows” potrebbe essere sua sorella gemella con ambizioni trip-hop, con tanto di beat lasciati a deflagrare e pieni di eco. “Every Night My Teeth Are Falling Apart”, singolo estratto, riassume in sè lo spirito di tutto l’album: Peter Siberman col piglio del cantautore navigato (che navigato, per quanto in gamba, non è) e malinconico. Esercizio di stile à -la Jeff Buckley per “Corsicana” in cui, su un tappeto dream-pop neanche poco vagamente Cocteau Twins si mescola bene il falsetto di Pete. “Putting The Dog To Sleep” sembra una di quelle notti insonni passate sul bordo del marciapiede quando anche l’ultimo sorso dell’ultima Nastro Azzurro è andato.
Noise-pop a sprazzi, soul, atmosfere dilatate, notturne, chitarre che non prendono mai la palla tra le mani e si camuffano intimidite, hammond. La “post-degenza” di Silberman si materializza in dieci tracce meno intime di quelle presenti sul precedente album. Dieci tracce inesplose. “Burst Apart” è un disco che conferma le doti della mente che lo ha partorito, ma che lascerà l’amaro in bocca a quelli che, come me, avevano creduto al salto di qualità . Al capolavoro precedentemente sfiorato. Un piccolo passo indietro, quindi, ma solo per quelli che hanno la voglia di accorgersene.