Saranno gli anni che passano, sarà  l’avvicinarsi del 2012 con le sue promesse di catastrofe imminente (per chi ci crede), sarà  l’incertezza che avvolge il nostro pazzo mondo, sarà  l’oscurità  che minaccia di sommergerci tutti, però nell’ultimo lavoro dei Flogging Molly le canzoni contestatarie e incavolate si susseguono in modo più indiavolato e sublime del solito. Politici questi punk-rockers celtici trapiantati in America, col quadrifoglio sempre orgogliosamente appuntato sul petto, lo sono sempre stati ma ora sembrano proprio stanchi delle ingiustizie che quotidianamente passano davanti a chi ha il coraggio di tenere gli occhi aperti, e reagiscono nell’unico modo possibile: alzando la voce.

La prima cosa che si sente iniziando ad ascoltare “Speed Of Darkness” è la batteria. Prepotentemente, sorprendentemente in evidenza nei primi due pezzi, quasi fosse una sveglia, una chiamata alle armi. Sorge il dubbio che Dave King abbia improvvisamente deciso di rispolverare le sue radici di cantante metal duro e puro. Presto si scopre che è solo un’indovinata scelta di mixaggio, ma l’impressione di avere tra le mani materiale che scotta rimane. Anche questa volta i Molly suonano con infinito impegno, premendo il piede sull’acceleratore fino a fondere la frizione dei loro strumenti già  maltrattati da anni di tour e concerti sfiancanti. E quando sembra impossibile che possano accelerare il ritmo, stupiscono ancora.

“Speed Of Darkness” e “Revolution” aprono le danze col loro andamento sincopato, gli accordi al fulmicotone, la già  citata batteria che sembra quasi voler schizzare fuori dalle casse. “The Heart Of The Sea” è più lenta, riflessiva, seguita da un altro pezzo a velocità  massima, il singolo “Don’t Shut Them Down”. ” The Power’s Out” si appoggia sul binomio violino- chitarra che li ha resi famosi, “So Sail On” è una malinconica ballata dal gusto molto irish, simile nei toni ad alcuni brani dell’album precedente “Float”. “Saints & Sinners” è un fulgido esempio di punk da strada, “This Present State Of Grace” un inno tremendamente polemico, da sicuro sing along. “The Craddle Of Human Kind” e “Oliver Boy (All Of Our Boys)” colpiscono per ragioni diverse e opposte: la prima inizia con un intro al piano, la seconda gira intorno a un riff molto heavy. Il duetto “A Prayer For Me In Silence” e “Rise Up” chiudono i conti, ma viene quasi voglia di chiedere un bis.

Numerosi artisti hanno scelto di occuparsi di temi caldi quali la crisi economica e il ruolo predominante delle grandi corporations, i Flogging Molly hanno il pregio di farlo in modo schietto e sincero. Sapendo di non poter cambiare il mondo, senza però perdere la voglia di provarci. E non starli a sentire, diventa difficile.