Difficile credere che Marketa Irglova abbia poco più di vent’anni. L’Oscar vinto grazie a “Falling Slowly”, il successo, la popolarità improvvisa, essere apparsa in una puntata dei Simpson a fianco dell’amico-cospiratore negli Swell Season Glen Hansard (su cui, esasperata, scaraventa il famoso piano di “Once”) l’hanno resa più matura, più adulta. La decisione di ballare da sola con questo “Anar” quindi sorprende, ma solo fino a un certo punto.
Il disco dimostra di possedere, fin dal primo ascolto, un’eleganza fuori dal comune. Decisamente lontano dal minimalismo pop dei Season, spazia senza paura tra folk venato di r’n’b (“Go Back”), soul (“Diving Timing”) e atmosfere etniche (“Dokhtar Goochani”). In nessuna delle tracce c’è spazio per il freddo calcolo o la scontata professionalità che ci si potrebbe aspettare da un artista di questa caratura. Le emozioni si rincorrono sul filo della delicata “Your Company”, di quella “Only In Your Head” che viene sussurrata più che cantata, per poi raggiungere il culmine con le note di “Let Me Fall In Love” e la malinconia di “For Old Times’ Sake”. Il fantasma di Tori Amos (quasi imprescindibile quando si parla di donne e pianoforti) aleggia benevolo su “Wings Of Desire” e “Now You Know”, ma a colpire è soprattutto la vulnerabilità che traspare da pezzi come “Crossroads” e “We Are Good”, in grado di essere intimi e personali nonostante l’arrangiamento ricercato.
L’aria d’oltreoceano (si è trasferita a New York da poco più di un anno) evidentemente fa bene a questa musicista talentuosa e infaticabile, perennemente alla ricerca di idee nuove e contaminazioni interessanti. Non si è montata la testa, lasciandosi abbagliare dalle mille luci di Hollywood come accade fin troppo spesso, ed è riuscita a regalarci un album che non passa certo inosservato.
Credit: Hordur Sveinsson