Anche l’immobilità sarà scegliere, come pure il silenzio. E puoi anche distrarti o chiudere gli occhi, che il gioco si compie comunque. Forse vale la pena esserci, anche solo per vedere come va a finire.
Le uniche parole impresse su questo disco sono quelle riportate in copertina, ci sono poi quelle che la mente degli ascoltatori riusciranno a reprimere accordando a Gionata Mirai e alle sue “Allusioni” venticinque minuti di totale silenzio, di rapito ascolto. Il chitarrista leader di Super Elastic Bubble Plastic e membro del Teatro Degli Orrori decide di tirare il freno della celebrità raggiunta e dei palchi sempre più grandi per ritagliarsi un piccolo spazio per sè e la sua 12 corde, mostrandoci una riflessività e una preparazione tecnica che non conoscevamo e che ci piace assai. Con i suoi arpeggi vorticosi Mirai comunica quanto non sarebbe riuscito a fare con le parole, ci racconta della sua vita e delle sue riflessioni più intime, milioni di colori resi tramite gli intrecci rutilanti di melodie fatte di bassi, canti e accompagnamenti. Una chitarra acustica che, da sola, riesca a farsi canto gregoriano e urlo hardcore ma pure riflessione profondamente e classicamente blues. Ci sono così tante cose nelle allusioni di questo scuro disco che è difficile, forse impossibile elencarle tutte: c’è l’attualità di un mondo in paurosa recessione, il disastro giapponese di qualche mese fa, ci siamo noi bambini e noi adulti sfioriti, c’è dentro tutto il tempo che abbiamo perduto e speso male ma anche quello che sapremo recuperare lasciandoci trascinare dalle mani di Gionata Mirai. Poeta.
2. Allusione #2
3. Allusione #3
4. Allusione #4
5. Allusione #5