Lo dico senza peli sulla lingua: il disco che sto per andare a recensire meriterebbe di finire ‘album della settimana’, anzi, lo lascerei lì, in home page, come disco del mese. Se solo i Pancho-san avessero alle spalle una di quelle major, che spinge, spinge fino a farti arrivare all’orecchio di tutti finirebbero su qualche copertina, sulla sezione “recensioni” dei più importanti magazine e qualche radio magari potrebbe pure accorgersi di loro fino a infilarli in programmazione. E invece “Oh, Mellow Melody” non è nient’altro che uno dei tanti album di band semisconosciute, o quasi del tutto ‘inesistenti’, che ti capita di trovare nella mail alla fine di una giornata uggiosa.
“Oh, Mellow Melody” è il disco che i miei timpani attendevano da parecchio tempo. Ma non solo i miei, mi sento di dire che tutti gli amanti del vecchio folk dovrebbero assumere in dosi massicce questo lavoro. Sì, sono estasiato, scusatemi. Torno a fare il mio compito che è quello di parlarvi del disco, e stop. I Pancho-san, nome che fa riferimento al Sancho Panza del “Don Chisciotte della Mancia”, vengono da “San Francisco/Oakland/Berkeley” e portano con loro la passione per la cultura latina della Bay Arena. Il folk è nel loro DNA e con questo loro primo album, rigorosamente autoprodotto, ne danno la dimostrazione. Non hanno voglia di far baccano, forse il tutto è nato da una session a base di erba e chitarroni. Il risultato comunque sono 10 brani di pura ‘poesia’. Poesia musicale, ma musicale intesa come flusso di note che volano a mezz’aria e lasciano un alone di magia. Perchè senti che in questo disco c’è qualcosa di speciale. Ballate, niente di più, niente di meno, acustiche. Folk. Parlare dei brani uno ad uno sarebbe ridondante, ma non nel senso negativo del termine, ma perchè alla fine tutti i brani sono composti della stessa miscela, quel vecchio folk che maestri come Simon&Garfunkel e Crosby, Stills and Nash ci hanno insegnato.
E scusate se alla fine di questa recensione non vi ho parlato delle canzoni una ad una, dei testi e di tutto ciò che una vera recensione dovrebbe contenere. Scusatemi ancora, ma sono rimasto così incantato dall’incredibile semplicità e dall’ancor più incredibile bellezza che non posso che dirvi di procurarvi questo meraviglioso disco (un po’ come si faceva ai vecchi tempi, in cui si aspettava che l’amico tornasse da paesi lontani con in borsa i tanto attesi vinili).