Il disco d’esordio di Drake, “Thank Me Later” (che è stato anche remixato dai producer spagnoli Cookin’ Soul), nel 2010, fu anticipato da un hype spaventoso, dovuto anche alla sua affiliazione con la crew di Lil’ Wayne, la Young Money. Hype che ha permesso al cantante canadese di vendere più di 400.000 mila nella settimana d’esordio, risultato esagerato sia per le condizioni comatose del mercato discografico, sia per il suo status di esordiente.
Come è logico, l’attesa per il suo secondo disco era altissima. Previsto originariamente per ottobre e pubblicato a novembre, “Take Care” sicuramente bisserà il successo del suo predecessore, ma a mio avviso segna una discesa a livello qualitativo. Giudicato in maniera positiva dalla stampa di settore americana, risente innanzitutto di una eccessiva lunghezza del prodotto (17 tracce più un interludio da 2 minuti e mezzo).
Intendiamoci, il disco non è brutto in toto: qualitativamente curato, musicalmente non dozzinale, senza troppi di quei beat un tanto al chilo come troppo spesso accade quando si parla di prodotti della Young Money (tradizione della scuola musicale da cui Lil’ Wayne proviene, ovvero la No Limits di Master P e la Cash Money di Birdman, sul cui rapporto con Wayne ci sarebbe da discutere a lungo ““ ma non divaghiamo), ma sufficiente ricercato per gli standard da cui proviene il lavoro, anche se troppo spesso povero di spunti validi. Drake come interprete non è male, e il modo in cui usa la voce all’interno del contesto funziona.
Il primo problema, come detto prima, è l’eccessiva lunghezza del tutto, che significa ripetitività e una certa monotonia, e quando si azzarda la carta di qualcosa lontana dagli standard del classico r’n’b americano si sente una debolezza di fondo che non aiuta l’ascolto, cercando di riprendere quello stile che ha reso famoso The Weeknd, senza però riuscire ad andare a segno. A questo, si aggiunge il fatto che Drake come liricista non è eccelso, anzi è piuttosto semplice nella scrittura e nelle rime (che non è detto sia un male).
Gli ospiti del disco sono ovviamente i suoi compari di crew, quindi Nicki Minaj (che continuo a reputare una brutta copia di Lil’ Kim virata south e 2011), Lil’ Wayne, Birdman, poi troviamo Rihanna su “Take Care”, prodotta da Jamie XX e che è praticamente al 90% il remix di “I’ll Take Care Of You” di Gil Scott-Heron, lo stesso The Weeknd su “Crew Love”, Andre 3000 e Rick Ross.
Non eccelso sui pezzi più prettamente rap, principalmente, a mio parere, a causa di un liricismo come detto debole, quando si tratta di parlare al cuore dell’ascoltatore il disco riprende quota, grazie soprattutto al buon utilizzo della voce, ricevendo anche un buon aiuto dalle produzioni di Noah “40” Shebib, che si occupa della quasi totalità delle musiche dell’album.
In definitiva, Drake Graham prova a realizzare quello che per Kanye West è stato “My Beautiful Dark Twisted Fantasy”, senza riuscirci. Ecco, è questo il punto: Drake non brilla per personalità , anche se probabilmente le potenzialità ci sono: “Marvins Room”, per dire, è un esempio di quello che potrebbe, ma non fa. Il ragazzo ha bisogno di applicarsi, crescere nel songwriting e provare a distaccarsi in maniera più consapevole dal’urban da classifica americano.
Per ora, rimandato. Ci vediamo al prossimo appello.
- Website
- BUY HERE
2. Shot For Me
3. Headlines
4. Crew Love
5. Take Care
6. Marvins Room ““ Buried Alive (Interlude)
7. Underground Kings
8. We’ll Be Fine
9. Make Me Proud
10. Lord Knows
11. Cameras
12. Doing It Wrong
13. The Real Her
14. HYFR
15. Look What You’ve Done
16. Practice
17. The Ride