Blackout Beach
11 Pink Helicopters In The Coral Sky

Ora ‘quelli che ben pensano’ mi metteranno alla gogna, ma chi lo dice che a far le cose controvoglia si finisce male? Registrare tracce, pulirle, risuonarle, mixarle, volumizzarle, mesi di lavoro.. Basta esser sicuri di quello che si vuol fare. Carey Mercer, genio dei Blackout Beach è un tipo capace, talentuoso e che se vuol fare un pezzo potente, non gli basta registrarlo potente, ma vuole anche che tu sappia che quel pezzo è potente. Concreto.

“Fuck Death” dell’anno scorso è stato (per chi lo ha comprato) letteralmente un’esperienza musicale donata da un artista sperimentale come pochi altri. Col nuovo “11 Pink Helicopter In The Coral Sky” è anche irriverente. nel senso buono. Traspare principalmente la voglia di far musica, di stupire facendo musica e non è da tutti. Ad un primo ascolto si ha la sensazione di essere di fronte ad un insieme di outtakes riuscite piuttosto bene, delle session registrate, tenute, messe in fila e vendute senza post-produzione. Questo concetto racchiude tutte le critiche e tutti gli elogi che si possono fare a questo album. Undici tracce strumentali che soffrono un pò la mancanza della voce di Mercer (specialmente all’inizio) ma che via via riempe gli spazi vuoti con sonorità  più morbide, lente ed ipnotiche traccia dopo traccia e alla fine ti accorgi che le parole, i testi sarebbero superflui. Un album non da disprezzare, ma da tenere in considerazione aspettando il “definitivo” prossimo album dei Blackout Beach.

Un concept album di 20 minuti scaricabile con la forma del pay-what-you-want che non rimarrà  negli annali, non cambierà  la storia della musica, ma assolutamente da scaricare per chi cerca una perfetta colonna sonora per 20 minuti di malinconia e sperimental rock. “The Tunnel” tanto per cominciare merita spazio nelle nostre playlist e “Trumpet Of Taste Ambassador”, “Sign of Harry” potrebbero seguirla tranquillamente.