Endless Flight: etichetta giapponese gestita da Toshiya Kawasaki e Kuniyuki Takahashi, attiva dal 2007 e valvola di sfogo delle sonorità nu-disco non ospitate su Mule Electronic o Mule Musiq.
Maurizio Dami ha scritto una delle più belle pagine della storia della italo-disco: “Problèmes D’Amour” (1983) gli ha procurato fama e onori nell’arco di decenni, durante i quali si è dedicato maggiormente all’attività di produttore dei dischi altrui. Con l’arrivo degli anni Zero è finalmente tornato a firmare nuovi singoli e album.
A seguito di “Disco Sick” (2008), la superba “A Coffee Shop In Rotterdam” è la seconda traccia a essere rilasciata in 12” su Endless Flight dopo essere stata già pubblicata in “My La(te)st Album” (2007) sull’etichetta di proprietà dello stesso Alexander Robotnick, ovvero Hot Elephant Music. Gli splendidi remix dei teutonici M.A.N.D.Y. enfatizzano, invece, la bassline il primo, la melodia il secondo, espandendo il formidabile drum-set analogico.
Da alcuni anni la florida Amburgo sorprende per il continuo mix di vecchi e nuovi suoni degli emergenti artisti cittadini. Dalle rive dell’Elba, Marco Niemerski ha indubbiamente compiuto il suo personale salto di qualità con “Coma Cat” (2010) su Permanent Vacation, che l’ha subito imposto all’attenzione di tutti, ma in precedenza erano bastati alcuni ispirati EP per farlo emergere, tra cui proprio “Keep Believin'”.
La gioiosa title-track è un piccolo gioiello synth-pop che brilla di luce propria: Tensnake sembra aver fatto propria la lezione del miglior Lindstrøm. Un romantico brano come “Congolal” non è, però, da meno e fa istantaneamente ripiombare l’ascoltatore nel bel mezzo dei raggianti anni ’80. In coda, la frizzante “Tavira” è maggiormente dancefloor-oriented.
Ascolta Congolal (Original Mix)
La prima parte di “Monks On The Run” è quanto mai inattesa e, addirittura, sinistra. Richard Gateaux, meglio conosciuto come Neil Dunn o semplicemente Phoreski, sceglie di ricorrere a un coro di monaci per caricare di una componente semi-drammatica la sua traccia che, invece, nella seconda parte alzerà la posta in gioco, così come il suo tempo, grazie agli inserti di possenti bassi per una lenta ipnosi: un effetto che non tarda efficacemente a riproporsi negli ancor più cadenzati battiti dub della cinematica “Swallbar”.
Con la seguente “Free To Touch”, il produttore britannico sembra ripetersi ma, in realtà , non fa che abbassare nuovamente il ritmo, connotando stavolta la traccia con un accattivante groove, in perenne bilico tra eccellenti venature afro e cosmic.
Naum Gabo ““ chiaro riferimento a uno dei fautori del Costruttivismo russo del primo Novecento ““ è il monicker scelto per rappresentare il virtuoso progetto solista di Jonnie Wilkes degli Optimo di cui, rispetto l’altro membro James Savage, incarna il lato più kraut e psichedelico.
Difatti, in “Black Lab” s’installa un progressivo vortice di suoni cosmici che si dilatano per poi ripiegare su se stessi ma, galleggiando sempre tra onde analogiche, il vero e proprio viaggio interstellare lo si può compiere soltanto a bordo del remix dalla band giapponese Discosession che, inevitabilmente, ruba la scena grazie al ricorso a profondi arpeggi filtrati e struggenti atmosfere fantascientifiche. L’incalzante vibe di “Torus”, di chiara matrice post-disco, segna la fine di una convincente release.
Ascolta Black Lab (Discosession Remix)
Tra i produttori nu-disco, il britannico Mark Evetts è sicuramente uno fra i più talentuosi, poichè da alcuni anni ogni sua singola traccia, spesso pubblicate su differenti etichette, difficilmente passa inosservata o finisce per essere dimenticata. Discorso prettamente analogo per i suoi altrettanto acclamati e richiesti remix che sono spesso sinonimo di alta qualità .
Se “Codsall Juniors” è, in pratica, una melodica cavalcata in slow-motion, “Gunstone” non è altro che una sorta di placido sogno di una notte di piena estate: in piena sintonia con il precedente brano, questo è quanto mai rigoglioso in tutte le sue aperture house e altrettanto seminali divagazioni, laddove il bizzarro campione vocale utilizzato è tanto eccentrico quanto ben congegnato con gli altri elementi in gioco.
Oltre a essere un poliedrico artista ““ nella doppia veste di popolare DJ in Giappone e raffinato produttore in coppia con DJ Kent nei Force Of Nature ““ Yotsukaido Nature è, soprattutto, da sempre un collezionista di vecchi e nuovi dischi, a cui è ricorso per fare incetta di campioni utilizzabili come materie prime per il suo finora unico album, opportunamente intitolato “Dig And Edit” (2009), rilasciato in versione cd e in quella composta da tre vinili separati distinti da una lettera, ovvero “K”, “Z” e “A”.
Le tracce estratte per la versione “Z” sono, probabilmente, le più memorabili: se con “Gothenergy” ed “Electronic University” si va sul sicuro con una nu-disco solida e mai banale, “Capricon” è davvero di una bellezza tanto rara, quanto unica nel suo genere.
Ascolta Kza – Gothenergy
Sound designer/editor, compositore di colonne sonore per film e programmi tv, produttore nu-disco, remixer per artisti del calibro di Robbie Williams e Róisàn Murphy: da alcuni anni Matthew Nicholas Waites non può fare a meno di lasciare il suo zampino all’interno del variegato panorama musicale del Regno Unito. “Throw Up” è il suo singolo di debutto come MoscoW, dall’impatto meno immediato rispetto ad altri passati, ma ben calibrato ed epico nel insieme di opulenti suoni al contempo acidi e boogie attentamente proposti.
Affidato alle sapienti mani del DJ e produttore tedesco Philip Lauer ““ per l’occasione rinominatosi Brontosaurus ““ il brano assume, poi, tutt’altra profondità e nuova linfa capace di sollevare un’autentica tempesta di nostalgica euforia analogica.
Sebbene sia tornato sulle scene solo di recente, il produttore e remixer britannico Mark Seven è in realtà attivo da più di dieci anni e, nel tempo, ha mantenuto intatto quello che era ed è il suo personalissimo approccio house, per un ben curato sound tanto avvolgente quanto caldo e, a tratti, sia giocoso che volutamente ironico. “Swept Away” rispecchia a pieno i suddetti canoni stilistici e, non a caso, tra elettriche partiture di pianoforte s’irradia una dirompente traccia deep in grado di scuotere qualsiasi pista da ballo del globo terracqueo.
A seguire, “Pillow Talk”, invece, ha un morbido retrogusto tipicamente 80’s in chiave dub, ottimamente supportato da un semplice tempo in 4/4 su cui si innestano frammenti vocali femminili e un gran lavoro di sintetizzatori.