Molti di noi vorrebbero svegliarsi col canto degli uccelli. Tanti preferirebbero trascorrere i propri pomeriggi a sorseggiare una bibita fresca al’ombra di un bell’albero, magari su un’amaca che dondola dolcemente. Anche nello spirito metropolitano più intransigente, da qualche parte nel profondo dell’anima si nasconde un piccolo fuocherello bucolico pronto ad incendiarsi di tanto in tanto. Serve la miccia giusta, magari un disco o un’accenno di canzone. Non so bene da dove venga Antony Harding, titlare del progetto Ant, le informazioni in rete non sono molte e fuori dalla mia finestra fa così caldo che, anche il solo scandagliare il web alla ricerca di qualche nota aggiuntiva, è uno sforzo immane. Quello che conta è che il disco risveglia lo spirito folk di cui prima con un pungo di canzoni volatili non certo nella forma, ma nel contenuto, visto che in ogni brano viene nominato un uccello.

C’è lo spirito naif dei Page France, soprattutto nella descrizione pop di piccoli momenti quotidiani; come in un’ideale collezione di acquerelli a tinte chiare, mentre ogni tanto si aggiunge qualcosa senza esagerare all’impostazione acustica dei brani. Nel gioco dei rimandi e dei richiami c’è anche qualcosa di Stuart Murdoch che si specchia, seppur solo marginalmente, in alcune armonie. La musica degli Ant è un piccolo colpo di fulmine nella torrida ed impietosa estate. Ora non resta che trovare l’albero perfetto e adagiarsi nella sua ombra clemente ad oziare con la musica adatta. Poi verrà  qualche usignolo a cantare la più mordiba buonanotte possibile.