Ariel Pink’s Haunted Graffiti
Mature Themes

La verità  è che Ariel Pink se la tira un sacco. Un soggetto che dovrebbe schiarirsi le idee in prima persona. Appare confuso sin dall’aspetto, dal primo impatto visivo e sonoro. Sì, sonoro. “Mature Themes” è un disco valido dal 1989 fino ad oggi, ha sonorità  pop lo-fi dei primi anni ’90 e un fascino Hipster alternativo di quest’ultima confusa decade che stiamo vivendo. Non è un classico, ma un album che ascolti nei negozi mentre compri delle spalline a Londra nel 1992 o un parka a Berlino nel 2012 senza accorgerti che sono passati 20 anni.

L’ascolto è piacevole, il singolo d’apertura scelto per l’uscita “Baby” è un classico lo-fi, spersonalizzato, malinconico e d’impatto. Dentro “Baby” ci troviamo bella roba tra cui Damon Riddick (aka Dam-Funk) al piano elettrico. Anche la seconda traccia ti prende, la terza e pure la quarta. Ecco, qui alla quarta canzone cominci a percepire una ripetizione che non definiresti noia, un dejavu piuttosto, un dejavu che va avanti da 10 minuti. Ci sono gli ingredienti pop-naif-new wavey che fanno vendere e che tengono incollate le cuffie in testa, ma ci vuole un po’ di critica. “Kinski Assassin” ad esempio ci riporta al primo Ariel Pink e ci da una sterzata, svegliandoci.

Un disco ricco, non troppo allegro ma musicalmente e stilisticamente allegorico, con tantissimi ritmi e motivetti anni ’60 e ’80 che ti prendono, che ti si appicicano e che ti fanno comprare album. Dopo tutto Ariel ha una bella faccia pulita e impone fiducia. “Mature Themes” va ascoltato e preso non troppo sul serio, un easy-listening da ipod, ma poi via a prender polvere. La retromania di Ariel Pink fa scivolar via la scaletta che è un piacere. Lo sai che non è un capolavoro quello che hai appena ascoltato, ma comunque lo metti via con una smorfia interresata. maledetti Hipster.