La guerra di Gretchen non fa ostaggi, non risparmia nessuno, a quanto pare nemmeno la sua stessa autrice. “Post-Krieg” è l’ultimo album che Simona Darchini pubblica con lo pseudonimo che conosciamo dal 2009, quando “Gretchen pensa troppo forte” sconvolse e convinse, rastrellando premi e citazioni un po’ ovunque. Avevano tutti ragione perchè quel disco era veramente una mazzata benefica in una scena che si crogiolava nel creare e distruggere fenomeni effimeri. Una singola mazzata, seppur meravigliosa. Dischi usa e getta continuano ad uscire ma speranza c’è sempre che si affacci un artista fuori dal giro giusto a menare ceffoni per svegliarci. Credo e spero che Simona continui la propria carriera in qualche altro modo (data la stoffa e l’età ) ma andrebbe benissimo lo stesse se decidesse di dire basta, d’altra parte i miei gruppi preferiti non sono mai arrivati al terzo album. Per lei parlano i due già citati e lo sbalorditivo 7” “Venti e tre/Venus In Furs”, lavori che potrebbero soddisfare le esigenze musicali per i prossimi dieci anni, anche di orecchie assuefatte alla follia produttiva di questo evo.
“Post-Krieg” è un concept di nemmeno mezz’ora, sintetico ma più ancora compatto, privo di fronzoli e maledettamente centrato sul tema dell’identità e i suoi dissidi, l’alienazione l’incomunicabilità dei corpi, la drammatica insensatezza della vita come vorremmo fosse e invece è. Forti i richiami alla psicanalisi e ad un autore immenso come Antonin Artaud. Dal punto di vista musicale i riferimenti sono gli stessi dell’esordio di quattro anni fa: hard-rock, blues, stoner, la wave, il kraut e anche un certo cantautorato ma meno marcato che in passato, il tutto amalgamato da uno stile meravigliosamente schizoide, spiazzante, in una parola originale. Perchè questo è Simona Gretchen: un’artista originale, accattivante perchè ha cose da dire e le dice benissimo, i suoi dischi sono gioielli di fango. Capace di scegliere i giusti collaboratori: Nicola Manzan agli archi (strepitosa “Enoch”), Paolo Mongardi (Fuzz Orchestra) dietro i tamburi e il giusto bagaglio di ascolti dai quali attingere le lezioni utili al proprio stile (impossibile non citare CSI, Massimo Volume, Fabrizio De Andrè). Applausi.