La prima cosa che viene in mente ascoltando “Desperate Ground” è: i The Thermals sono tornati e ne hanno combinata un’altra, l’ennesima gustosa bravata. L’inchiostro sulla ristampa di “The Body, The Blood, The Machine” non si è ancora asciugato ed ecco che l’agguerrito terzetto torna in pista con quello che ha tutta l’aria di essere un altro concept album, visto che loro stessi lo descrivono come: la (torbida) storia di un mascalzone solitario nella notte. Un uomo, un cammino, una spada. Un’incessante voglia di distruggere. Un’infinita battaglia contro le forze della natura. Un destino impossibile da evitare. Detta così sembrerebbe una via di mezzo tra “Il Signore Degli Anelli”, un action movie alla Robert Rodriguez e un gioco di ruolo tipo “Dungeons And Dragons” ideato da un adolescente un po’ nerd.
Che abbiano voglia di scherzare? Dal trio di Portland ormai ci si aspetta questo e altro. Invece no, “Desperate Ground”và preso sul serio. Dopo aver provato a diventare adulti con il disco precedente (quel “Personal Life”che faceva i conti con delusioni d’amore e cuori spezzati) i The Thermals hanno deciso di tornare alle origini. Di provare a realizzare, con l’aiuto di una nuova etichetta (la Saddle Creek), un album con la grinta e il piglio dei lavori più riusciti. E in queste dieci canzoni sembrano averlo ritrovato, lo smalto degli esordi che pareva smarrito. Punky, cupi, rumorosissimi, veloci e un po’ (tanto) pazzi, si scatenano come fossero una band fresca fresca di diploma.
Riesumando l’immediatezza di “More Parts Per Million” e la ferocia al fulmicotone di “Fuckin’A”. Arrabbiati e sarcastici come non li si sentiva da tempo, da quasi dieci anni. Questa volta Hutch Harris e soci si cimentano nel non semplice compito di dar voce a un uomo tormentato da demoni e fantasmi di cui non riesce a liberarsi. Può essere tante cose, il protagonista di “Desperate Ground”: un lavoratore vittima della crisi, un soldato di ritorno dalla guerra, un Donchisciotte innamorato che combatte il vento e non i mulini. La sua identità non è poi così importante. Quello che conta è ciò che diventa: un potenziale serial killer convinto di essere nato per uccidere, che vede ovunque nemici contro cui lottare. Deciso a vendicare soprusi veri o presunti, non ha nulla del personaggio da fumetto che la descrizione iniziale lasciava presagire. I The Thermals raccontano la sua storia senza risparmiarsi, trascinando nota dopo nota in un turbine di eventi grotteschi puntualizzati con precisione dai testi di Hutch, semplici ma affilati come rasoi. Prima splatter (I was born to kill / I was made to slay / unafraid to feel blood on my hands / when you command I will in “Born To Kill”) poi inquietanti (I run in the darkest of tunnels and fight to the highest of breeze / I was torn in the forest and drown in the sea in “You Will Find Me”) e solo alla fine speranzosi (“Our Love Survives”), caratterizzano un album che acquista sempre più corpo e sostanza diventando simile a un film dei fratelli Coen: “Fargo” o “Non E’ Un Paese Per Vecchi”. Talmente surreale da sembrare finto, ma anche maledettamente reale. Figlio della disperata, contraddittoria America odierna invasa dalle armi da fuoco e nipote di quel “Full Metal Jacket” che Mr. Harris adora.
Che voto dare quindi a “Desperate Ground”? L’idea di fondo che lega le canzoni regge e la musica è dannatamente brillante, degna di un disco dei The Thermals migliori. Tre stellette e mezzo tonde, piene e meritate se le guadagnano tutte.
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2. You Will Be Free
3. The Sunset
4. I Go Alone
5. The Sword By My Side
6. You Will Find Me
7. Faces Stay With Me
8. The Howl Of The Winds
9. Where I Stand
10. Our Love Survives