I genitori da piccoli ci impongono di non sporcare in giro, di non disegnare con i pastelli sui muri. Chissà  se è successo anche a Sierra e Bianca Casady, sorelline terribili altrimenti note come CocoRosie. A giudicare dal variopinto e multiforme circo Barnum di emozioni musicali che da anni portano in giro, si direbbe che quella cara vecchia regola l’abbiano più volte disattesa e con estremo piacere. Prima incensate poi bastonate dalla stampa di settore, continuano imperterrite il loro percorso mescolando influenze diverse come se le critiche non le riguardassero o non le toccassero più di tanto.

Il sound di “Tales Of A Grass Widow” è più vicino a quello di “Noah’s Ark” di quanto non fosse “Grey Oceans”. Nota dopo nota costruisce un universo tutto suo in cui esistere, un mondo fiabesco pieno di fate e streghe che i fan di lunga data ben conoscono, e altrettanto bene sanno che può essere dolce come l’Irish folk elettrificato di “Broken Chariot” e inquietante come il bambino di un film horror giapponese che dice qualcosa di strano (“Child Bride”, “Roots Of My Hair”). Ma è soprattutto un posto colorato e traboccante di energia, dove i ritmi hip hop di “End Of Time” convivono con l’elettronica raffinata di “Villain” e “Gravediggress” (primo singolo che il Guardian ha interpretato come una conversazione immaginaria tra un bambino abbandonato e un’anziana vagabonda) e con i giochi sonori della più minimalista “Far Away”. Dove il pianoforte è un animale che cattura (“Harmless Monster”) e incanta (“After The Afterlife”). Poi ci sono “Tears For Animals” e “Poison” che vedono la partecipazione di un Antony Hegarty in forma smagliante, capace di condurre per mano queste due canzoni verso un altro livello d’intensità . Certo, per orecchie abituate a seguire da vicino le avventure di Sierra & Bianca album dopo album nessuna delle cose appena elencate è una novità , una rivoluzione, un cambiamento epocale. Mantengono inalterato il loro stile S&B, aggiungendo un altro capitolo a una bella favola. Possono essere più pop o più sperimentali a seconda dei momenti, delle situazioni, dei personaggi che di volta in volta stuzzicano la loro fantasia spingendole a frugare a fondo in quella scatola di pastelli che hanno usato da bambine e che continuano imperterrite a utilizzare per raccontarli e interpretarli al meglio (trucco e travestimenti inclusi). Ma alla fine rimangono sempre loro, Coco & Rosie.

Non è un disco ricco di sorprese insomma “Tales Of a Grass Widow” (tranne una deliziosa ghost track- giocattolo a beneficio dei più pazienti, ma pazienti sul serio) e non farà  cambiare opinione a nessuno sulle CocoRosie. Continueranno a non piacere a chi non piacevano, chi le trovava antipatiche, incomprensibili o eccessive continuerà  a considerarle nello stesso modo, chi le riteneva troppo fighette le riterrà  sempre tali. Ma chi le ama, beh troverà  pane per i suoi denti. E, forse, si innamorerà  di nuovo.