Guy e Howard Lawrence (rispettivamente classe ’91 e addirittura ’94) sono due fratelli inglesi originari del Surrey. Si son guadagnati una certa credibilità e una certa fama all’interno dell’underground fighetto inglese, rilasciando due singoli negli ultimi due anni, “Carnival” e “Face”, e approdando infine al centro della pista dell’hype di questo 2013. “Settle” è uno dei lavori più attesi dell’anno e, meglio sgombrare il campo da dubbi ed equivoci, è il tipico caso in cui l’hype lascia il posto ad una convinta soddisfazione.
Guy e Howard dicono di fare pop “buono”, in contrapposizione a quello “cattivo” – che so, di una Nicki Minaj o di un David Guetta. Perchè “Settle” è un disco pop (è un disco house, ok, ma popolare, non cervellotico), e di pop effettivamente buono. Pop che non ha paura di tradire un’evidentissima furbizia nel proporre bene o male la stessa formula e pressochè gli stessi ingredienti lungo tutte le 14 tracce in scaletta: cassa dritta, qualche sbandata 2-step, riflessi garage, quasi impercettibili scodinzolamenti funky, ingurgitamento e digestione degli ascolti recenti più interessanti (Flying Lotus, SBTRKT, Sepalcure…) e catchyssimi (vogliamo dire anche commerciali? In effetti, non so perchè, ascoltando “You & Me” mi vedo girovagare fra gli scaffali di un negozio di vestiti femminili con una dolce donzella mentre alla radio passano qualcosa troppo mainstream per essere indie e troppo indie per essere mainstream) featuring vocali di stelle e stelline del firmamento Uk degli ultimi tempi.
Elenco degli special guests, oltre che ghiotto, particolarmente funzionale alla musica dei due fratellini: un eccezionale Sam Smith, ma anche Ed McFarlane dei Friendly Fires (che in “Defeated No More” sguazza che è un piacere), Eliza Doolittle, Jamie Woon, AlunaGeorge e quella Jessie Ware (qui a dir la verità irriconoscibile) di cui vi avevamo già parlato a inizio anno. Probabilmente il paragone più azzeccato da fare, la vicinanza di intenti e risultati più marcati (l’assottigliamento delle distanze tra indie e mainstream) sono da rilevarsi con un altro giovane producer il cui esordio è stato licenziato proprio nei primi mesi del 2013, ossia l’australiano Flume (e anche su di lui avevamo speso belle parole).
In un album dal minutaggio tutt’altro che risicato, per parlare di questo o di quel brano servirebbero pagine e pagine (tuttavia diciamo che il livello si mantiene alto e i singoli “Latch”, “F for You” e “White Noise” sono singoloni belli grossi) e ciò toglierebbe tempo a voi e al sottoscritto di abbandornarsi alla voglia di dancefloor innescata da questo gioiellino perfetto per l’estate. Previsti – siam sicuri – larghi consensi, dal tamarro al fighetto, dal ballerino compulsivo allo stazionatore seriale al bancone del locale. Mettere d’accordo tutti e risultare credibili e godibili non è cosa da poco.