Ogni volta che esce un disco così ““ canzoni per voce femminile, chitarra e cicatrici ““ mi chiedo se ancora abbia senso ascoltare una cosa del genere, se non sia stato tutto già  un po’ detto, meglio, prima, troppe altre volte. Perchè “It’s up to Emma” di Scout Niblett dovrebbe essere memorabile? Di ragazzi che tradiscono, di amori che finiscono e di rancori abbiamo canzonieri interi. Ma un disco deve dire veramente qualcosa di nuovo o aggiungere qualcosa al discorso delle ferite e degli abbandoni per essere significativo? E significativo per chi: me o per chi lo canta?
Per chi ha avuto, come me, un’educazione sentimentale dalle massicce dosi di Polly Jean Harvey e Chan Marshall, per chi, passando per Feist, consuma dischi come “Tramp” o che ha visto qualcosa in Torres, la costruzione di un olimpo musicale femminile non è un argomento di poco conto. Non è neanche una questione di genere, è concedere a un’altra persona di parlare ancora di una stessa cosa, di riprendere la stessa grammatica delle relazioni e dei fallimenti, evitando l’eccesso di autoindulgenza.

è il turno di Emma “Scout” Niblett adesso, lo dice anche il titolo del suo sesto album (inizia nel 2001 con la Secretly Canadian). Di origini inglesi, ma di base a Portland, questa cantante produce ora uno dei meno rassicuranti break-up album degli ultimi tempi: devastante, ma senza la dolcezza della nostalgia. è guardare un incendio, è buttare giù le mura di un appartamento, con il dolore delle schegge conficcate nel palmo della mano, è comprare una pistola per uccidere il proprio amore (“Gun”). Ma ancora di più: è la fine che non lascia la possibilità  di aggiustare le cose, “It’s up to Emma” è doloroso come sopravvivere alla distruzione e capire che alla fine si andrà  anche avanti. You took your love away from me | and I am thankful, everyday, dice nella prima traccia, You can’t fool me for too long in quella successiva, anzi we fool ourselves for too long, che è probabilmente peggio. è questo il problema, sopravvivere agli edifici fino a vederli diventare rovine, vedere che le relazioni vanno avanti senza significare altro, che le persone tornano, ma forse non vuol dire niente. “Second chance dream” è un’illusione. Che forse il peggio non è farsi distruggere, è non provare più niente. Di questo parla “It’s up to Emma”, suonando a metà  strada tra le Pj Harvey e Cat Power degli anni ’90, quelle di “To bring you my love” o “Rid of me” e “Myra Lee”. Intanto Pj Harvey e Cat Power hanno spostato le loro sonorità  altrove, mentre Scout (il nome viene da “Il buio oltre la siepe”) ci ricorda una stagione che forse non è mai passata. O forse certe cose si possono dire solo in questo modo.

A metà  del disco appare poi una cover di “No scrubs” delle TLC, minimale e dolorosa ““ con il suo No, I don’t want your number | I don’t wanna give you mine | I don’t wanna meet you no-where | I don’t wanna waste my time riletto alla luce del grounge e delle band femminili, la classica prima cover che potrebbe proporci oggi Torres, o qualche altra cantante della sua generazione, un po’ strana come scelta pensando che Emma Louise è del 1973 e che con le TLC non ci è certo cresciuta; ma forse risulta una delle tracce più riuscite del disco, dall’ampio respiro.

Poco fa ho letto un’intervista a una persona che diceva di amare il folk, anzi, qualcosa tipo “la musica da ragazza con chitarra” e dietro questa definizione ho letto una storia più prevedibile e detta; mi è sembrata una definizione un po’ bonaria e stucchevole. Questo non è il disco che quella persona vorrebbe trovare dentro la custodia, questo non è un disco addomesticato. Lunga vita alle Niblett, è sempre il loro turno.

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It’s Up To Emma
[ Drag City – 2013]
Genere: songwriting
Rating:
1. Gun
2. Can’t fool me now
3. My man
4. Second chance dreams
5. Woman and man
6. All night long
7. No scrubs
8. Could this possibly be
9. What can I do