E ora come la mettiamo? Arrivato al terzo Lp, con all’attivo già  tre Ep, l’enigmatico (il suo volto ci è sconosciuto) Zomby si merita l’ingresso definitivo nel gotha dell’elettronica mondiale?
Precedenti lavori fra l’altro più che buoni se non ottimi, in cui il producer londinese ha reso omaggio a- e aggiornato i 90s elettronici a colpi di drum’n’bass, breackbeat e wonky ergendosi a capo-clubber-raver dei giorni nostri.

Prevedibile che in questo “With Love”, opera a dir poco magniloquente e prodiga (33 brani spalmati su due cd o tre vinili) si trovasse una sorta di summa, un (il termine che sto per usare mi spinge a darmi un potente pugno sulle cosce, ma oh, quando è giusto è giusto) caleidoscopio enciclopedico delle più disparate capacità  e applicazioni del producer inglese. E infatti.
Val bene dirlo subito: si commetterebbe un errore ad aspettarsi un susseguirsi di hit da dancefloor. “With Love” è invece paragonabile ad un thriller underground la cui trama si dipana attraverso scene della durata massima di quattro minuti (scendendo anche a uno all’occorrenza), e la cui ambientazione non può che essere quella delle stradine metropolitane notturne fiocamente illuminate da lampioni, degli anfratti appena fuori dai club col classico cassonetto contro il muro ai quali la musica arriva ora più ora meno chiara e forte a seconda che la porta venga aperta o chiusa da chi esce per fumare o per fare a botte, e ovviamente dei club stessi.

L’atmosfera che regna più o meno sovrana dunque è piuttosto severa (gli inglesi direbbero “sombre”), intensa, a tratti ossessiva (l’accoppiata “Digital Smoke”-“Entropy Sketch” su tutte) senza però disdegnare il motivo principale per cui uno ci va, in un club: ballare. E allora ecco sincopi dub (“Pray For Me”), ritmi step e breakbeat (“It’s Time”, “Overdose”, lo scheletro rave forsennato di “777”), fascinazioni sci-fi (“Orion”), house dai bassi neworderiani (“This One”) tra i quali fa capolino qualche affondo di tastiere (‘chè un colore che sia uno non ci sta poi così male in mezzo a tutti ‘sti grigi).

In tutta sincerità , poi, la preoccupazione maggiore che è lecito nutrire rispetto a un album di cotanto minutaggio (siamo intorno agli 80 eh), ossia quella di non riuscire ad arrivare al termine in condizioni di intendere e di volere, si è rivelata tutto sommato infondata. Oltre al fatto che molti pezzi si assestano intorno ai due minuti, il Nostro riesce sempre a mantenere alta la soglia dell’attenzione, ora per mezzo di cambi di tema, ora per mezzo di aggiunte o sottrazioni allo stesso canovaccio, ora semplicemente con un basso spinto con un minimo di pressione in più. E, cosa da sottolineare, svolgendo un lavoro superbo in fase di produzione che veste ogni palpito e ogni sinuosismo melodico di un velluto che accarezzeresti per ore. Fattore di fondamentale importanza nella parte finale del disco, diciamo nell’ultimo quarto, in cui una certa circolarità  si fa strada opacizzando la luce di quei lampioni mentre il reduce dalla scazzottata torna a casa con l’occhio pesto e il labbro insanguinato e l’ubriaco a malapena si regge in piedi.

Opera solo apparentemente ridondante e che fa della ripetitività  un’arma al servizio della compattezza e della solidità  piuttosto che una causa di vacuo ristagno, “With Love” proietta, sì, Zomby nell’olimpo elettronico degli anni ’10.

Credit Foto: Kate Garder