Sophie Lillienne
Lonesterdam

Ci suoni e contaminazioni che sono caratteristiche di certi periodi storici e successivamente vengono dimenticati, o perlomeno lasciano spazio ad altri suoni e altri incontri.
Tutto ciò è vero e valido soprattutto quando si parla di elettronica e, dai tempi del trip-hop, è passata tanta acqua sotto i ponti: presi da altre sonorità  e altri movimenti neppure ci siamo accorti che di dischi trip-hop non ne uscivano più. O meglio: ce ne siamo accorti, ma abbiamo pensato fosse giusto così. Tutto parla del tempo ed è quindi inevitabile.

Ed è a questo punto che arriva il terzo disco di Sophie Lillienne (che non è una ragazza, ma il progetto solista di Vezzo, accompagnato da Tommaso Mantelli): dopo due album, di cui l’ultimo risale esattamente al 2011, Vezzo si è ritrovato a comporre nuovi brani tra Londra e Amsterdam. Col passare del tempo le due città  hanno finito per sovrapporsi l’una all’altra nella memoria del musicista e da ciò è nato il concept che guida gli undici brani del nuovo “Lonesterdam”.
Il sound proposto nei cinquanta minuti abbondanti del disco non propone tendenze avanguardiste o modaiole, non segue le leggi del momento, ma preferisce ricordare con delicatezza e talento l’epoca d’oro di Bristol e tutte le sue filiazioni.
Non è un caso che l’apertura sia affidata agli echi e riverberi di “Xstar” nè che uno dei brani migliori del lotto, la bella “Rainbows And Rain”, si pregi di un coinvolgente battito in levare nonostante l’atmosfera fredda e lancinante.
Se le successive “420” e “Meanless” mostrano interessanti incroci tra archi, elettronica e voci eteree, è la lunga “These Days” ad approfondire il lato gotico dell’intera faccenda.

In tutte le sue sfumature e per tutta la sua dorata “Lonesterdam” è davvero un album che conquista: la materia è nota, ma Sophie Lillienne sa trattarla con gusto e sapienza. E forse è vero che ogni età  ha la propria musica, ma scoprire adesso un così bel disco trip-hop è come ritrovare un caro amico.