A ben quattro anni dal primo risultato dell’incontro tra le punte di diamante dell’elettronica tedesca, il producer Apparat ed il duo berlinese Modeselektor, arriva finalmente il secondo capitolo del supergruppo Moderat: se l’album omonimo era una discreta bomba, il nuovo lavoro appare, pur con notevoli differenze, ancora più interessante.
Il disco del 2009 era un ottimo compendio delle possibilità del post-dubstep, declinate con solida esperienza germanica, la nuova fatica, intitolata semplicemente “II”, lascia da parte eclettismo e riferimenti black (hip-hop e reggae che fossero) in favore di un’attitudine techno, austera e contemporanea.
Suona dunque fuorviante il singolo “Bad Kingdom”, posto in apertura dell’album: emozionale ed intenso, pare il perfetto incrocio tra le ultime produzioni di Apparat e le potenzialità più geometriche del suono wonky. Già la successiva “Versions” si discosta però da queste latitudini e disegna un meraviglioso affresco electro, insieme cosmico e bucolico come un acido pomeridiano, da gustare immersi nella natura.
Se lo spettro efebico di Thom Yorke aleggia sulle tentazioni soul della delicata “Let In The Light” è successivamente che il disco impenna e si dimostra irresistibile monolite techno: l’implacabile climax della lunga “Milk” è perfetta e splendida dichiarazione d’intenti, mentre “Therapy” è piacevolissima divagazione caleidoscopica.
L’oscurità avvolge una “Ilona” perfetta nelle sue rarefazioni dubstep, mentre con la ruffiana “Damage Done” si torna ai lavori solisti di Apparat.
Gli entusiasmi raccolti all’esordio dai Moderat non cesseranno certamente, anzi con questo nuovo disco dovrebbero addirittura ampliarsi: nonostante l’hype e le tremende aspettative, i tre tedeschi hanno confezionato una vera perla. C’è meno carne al fuoco, ma in questa falsa semplicità c’è più maestria, c’è più potenza. C’è più bellezza.