Ad eccezione della breve ed intensa stagione vissuta con i Public Image Ltd (i due primi e seminali album ed un disco live), l’enorme produzione dello straordinario bassista Jah Wobble difficilmente ha visto dischi altrettanto belli ed importanti: se qualcuno mi chiedesse un consiglio, io suggerirei dunque l’esaustiva e splendida tripla raccolta “I Could Have Been a Contender” edita dalla Trojan quasi dieci anni fa. Come potete facilmente notare dalla tracklist di quell’antologia, il musicista inglese non è affatto restio alle collaborazioni e, dopo quella recente con Keith Leven (anche lui membro fondatore dei P.I.L.), eccone pronta un’altra: il Nostro questa volta offre la sua maestria e il suo stile unico, raffinatosi nel tempo senza perdere quel gusto stordente che da sempre lo contraddistingue, al trio di connazionali Marconi Union, autori in proprio di un’elettronica sperimentale e meditativa.
Ed è su queste stesse coordinate che si muove anche “Anomic”: una quarantina di minuti di un viaggio in cui il motore è proprio il basso di Wobble, irresistibile e avvolgente sia nei momenti più riflessivi sia in quelli più vivaci, quando i ritmi si alzano sorretti da spinte etniche (simili, ma meno patinate, rispetto a quelle degli Invaders of the Heart) o beat più geometrici.
Quando uscì il terzo disco degli americani Grails un amico usò la felice espressione “placida abluzione rituale” che, con le dovute differenze di genere, si potrebbe utilizzare altrettanto perfettamente per questo “Anomic” che testimonia l’ennesima collaborazione di uno dei più talentuosi e dispersivi artisti inglesi degli ultimi trent’anni abbondanti: una certezza per gli appassionati, ma questa volta un ascolto pienamente soddisfacente anche per tutti gli altri.
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2. Reality Crash
3. Anomic
4. Love in the Balieues
5. Times of Despair
6. The Rain Has Stopped
7. Terminus