Tra tutti i personaggi “di carta”, Zeno Cosini è quello che mi sta più sulle palle. Io ci ho provato, giuro, a leggere “La coscienza di Zeno”. Ci ho provato più volte, in diversi momenti della mia vita. La prima volta avevo sedici anni: rimasi impantanato quasi subito, quando Zeno tenta di smettere di fumare. Ci riprovai qualche anno dopo, pensando che condividere il vizio del fumo mi avrebbe avvicinato al caro vecchio Zeno. Niente da fare anche questa volta. Di Zeno mi innervosiva la passività , quell’inerte e indolente lasciarsi attraversare dagli eventi. Sì, Zeno mi faceva incazzare. E deve aver fatto incazzare anche I Quartieri (magari però loro sono riusciti a finire di leggere il romanzo).

I Quartieri sono una band romana e hanno deciso di intitolare il loro primo album proprio come il celeberrimo personaggio creato da Italo Svevo. L’ombra del signor Cosini si allunga su tutto il disco: un suono che respira l’aria delle migliori produzioni pop internazionali (Radiohead, Grizzly Bear, Beck, The Postal Service), una voce che sembra provenire da un sogno e che, in modo soffice, ci invita a scrollarci via il torpore della passività  e cominciare a vivere, senza incazzatura però, ma con leggerezza e ironia. Niente ribellione urlata, quindi, ma una presa di coscienza (non più quella dello Zeno di Svevo) che nasce da una maturazione lenta come i tre anni che sono passati dall’ep “Nebulose” (2009, disponibile in download gratuito, e sarebbe davvero un peccato se non ne approfittaste).

La musica de I Quartieri è pop nell’accezione migliore del termine. è pop suonato da una base spaziale sulla luna dopo l’estinzione del genere umano. è intriso di nostalgia, della paura e della dolorosa necessità  di crescere. Ha uno sguardo lucido sulla distanza che ci separa l’uno dall’altro e, proprio per questo, è avvolgente e caldo e si sforza di azzerarla questa distanza che sembra essere diventata la cifra delle nostre esistenze nella contemporaneità . Non è pop rassicurante, perchè continuiamo ad essere soli, ad essere soltanto dei punti isolati in mezzo all’universo, ma con una consapevolezza nuova: non è detto che non si possano collegare questi punti, basta quella stessa leggerezza con cui da bambini tracciavamo delle linee con la matita tra un puntino e un altro per dare un senso a quelle macchie nere sparse sul foglio e creare un disegno.
Non mi soffermo su ogni canzone, perchè “Zeno” è un album che va attraversato tutto, dall’inizio alla fine. Ogni pezzo si espande, si appropria del Tempo e lo dilata come una bolla, grazie a una sezione ritmica in simbiosi perfetta. Una menzione speciale merita “Organo”, non a caso l’ultima traccia, chiusura perfetta di un album come “Zeno”. è una canzone densa, che si espande e si stratifica e si arricchisce nel suo sviluppo: parte con una base di synth (che sembra un organo suonato in una navicella spaziale) su cui si innestano le onde placide del basso e il rintocco puntuale della batteria, tutti insieme sembrano colare lenti ma inesorabili come magma, fino a inglobare nel tessuto sonoro il ricamo di una chitarra che ha la delicatezza di un pianoforte.

Grazie 42Records, perchè porti alla luce gemme preziose come “Zeno”, in equilibrio perfetto tra un certo tipo di pop dal respiro internazionale e una tradizione cantautorale prettamente italiana.

Zeno
[ 42 – 2013]
Genere: Pop, Dream-Pop
Rating:
1. 9002
2. Segnaletica
3. Argonauti
4. Il mondo
5. Zeno
6. Gomma
7. Spiaggia bianca
8. Autostrada
9. Organo