Quando arriva agosto sono solito chiudere in un cassetto tutta la quotidianità , tra cui anche la mole di dischi nuovi da ascoltare. Quindi chi è arrivato ai primi giorni del mese avrà posto nei miei padiglioni auricolari, altrimenti resterà fuori dalla mia colonna sonora della stagione. Inoltre, da sempre piuttosto schivo in quanto a feste, party in spiaggia e cose simili, non è che un disco estivo sia per me necessariamente sinonimo di gioia, balli sfrenati e aperitvi danzanti. L’estate è l’occasione adatta per dilatare l’orario del tramonto e godere più a lungo dell’attimo livido in cui il sole scompare all’orizzonte. Non fossero arrivate con qualche giorno di ritardo, avrei potuto inserire anche le Au Revoir Simone nella mia playlist estiva del 2013, col loro synth pop lucente ma anche abbastanza mellifluo per essere inserito nel filone della musica “allegra ma non troppo” con cui dissetare le arsure d’agosto.
“Move in Spectrums” di primo acchito dà la sensazione di essere il solito disco piacevole che durerà il breve volgere di qualche giorno, senza aggiungere o togliere nulla alle nostre vite. La verità è leggermente diversa, non si tratta di un disco coì evanescente, soprattutto quando adombra lievemente i toni abbandonandosi a soluzioni di nostalgia in controluce e sensazioni algide di fine stagione. Per uno come il sottoscritto, che associa di continuo la musica, le canzoni e i dischi alla circolarità delle stagioni che si ripetono di anno in anno, con le sue undici tracce in scaletta che alternano rotondità pop e momenti di velata malinconia, è il disco perfetto alla soglia dell’autunno. Quando ti giri e puoi vedere ancora chiaramente le tue luminose giornate al mare, mentre se torni a guardare avanti a te riesci a scorgere da lontano la caducità delle prime foglie.
C’è qualcosa, anzi più di qualcosa degli Stars in questi solchi, con qualche ammiccamento di troppo alle mode del momento, ma sono peccati veniali. “Move In Spectrums” non ha la presunzione di rivoltarci come un calzino, ma ha l’ardire di insinuarsi a bassa voce nel nostro quotidiano senza urlare a squarciagola e senza rischiare di sussurrare troppo piano per arrivare a farsi capire.