Stavo pensando che ci vogliono energie e una buona dose di intelligenza, una volta che si è trovatoa la combinazione giusta, per evitare di appiccicare lo stesso trattamento a tutte le canzoni, che le variazioni sul tema sono il primo degli errori e il più facile in cui cadere. Ci stavo pensando mentre ascoltavo la cover di “Somebody like you” di McMorrow: una versione tutta sbagliata, che è solo una lagna, perchè non è già abbastanza dire che “non ti preoccupare, troverò qualcuno come te”, dirlo anche in quel modo là è troppo, persino per me.
Fortunatamente “Post-Tropical” è un’altra cosa.
James Vincent, irlandese con un Mc a dimostrarlo, evita le cadute in un sentimentalismo troppo detto e melenso (che resta comunque sentimentalismo, sia chiaro), tirando fuori un disco che sta a metà tra l’RnB e il folk: mai voluto essere il ragazzo con la chitarra, e infatti non lo è (quasi) più.
“Don’t lose the plot” ammonivano i Volcano Choir qualche mese fa mentre registravano “Repave”: James Vincent McMorrow deve aver preso nota. è impresa ardua non perdersi, quando usi il falsetto, non è impresa da poco se canti “I remember my first love”; forse eravamo pronti a doverci sentire a chilometri di distanza da questo disco, e invece.
Il nome di Justin Vernon mi è tornato in mente fin troppo spesso, ascoltando “Post Tropical”: oggi McMorrow dice che c’è Jay Z tra i suoi riferimenti musicali e ho come l’impressione che passiamo per Bon Iver e Kanye West, che questo disco segua (anche) quel sentiero, che se dico indie r’n’b è tutto più chiaro. Se penso a James Blake, probabilmente questo disco impallidisce, perde in freschezza – e Light refused to go/Drink it from a cast and iron plate è una frase che non sarebbe fuori posto in, chessò, Wash..; ma non è un problema passare per una strada già segnata da qualcuno, soprattutto se non ci si ferma, perchè una certa manutenzione della canzone viene fatta sotto un cielo che non è quello del Wisconsin, non è quello della Dublino in cui è stato scritto.
Mountains become fragrant at the source/ how can you stand this exotic angle/ I read it somewhere that they would lie still ““ non c’è una geografia reale nelle sue canzoni, solo luoghi che i ricordi rendono credibili, solo la descrizione imprecisa di sogni o posti che ci sembra di conoscere, prima di ritrovarsi in mezzo a foreste, canyon che sembrano significare qualcosa. Setting in a fire/ I can’t stand the dark, James Vincent McMorrow illumina la sua scrittura in dieci tracce intessute dell’oro degli dei o di qualche altra metafora che ne renda i toni, perchè c’è una nota di epicità che non riesco a ignorare nelle sue canzoni: e se lui nelle interviste dice che questo disco è bello, che non può dire altrimenti ““ forse suona arrogante, ma devo dargli ragione. E di questo disco si parla in questi termini, con una magniloquenza che concedo a chi scrive “my heart is an ending tomb” senza apparire imbarazzante o impacciato. è Gennaio e abbiamo un disco con cui sopravvivere all’inverno: I wanna go south of the river, facing alone in the heart of the winter /And this we’ll celebrate..
Quando ho visto i video di Aoife McArdle per “Post-Tropical”, ho pensato che era vero come non mai che un trattamento non basta a renderti credibile: pensavo a “Tropico”, il cortometraggio della perduta Lana del Rey ““ spogliarelliste, off licence, fucili: ci vuole molto più di un tumblr per essere credibili, ci vuole molto di più di un’estetica low-fi da motel e camice gettate via per impressionarci, che la plastica si riconosce da lontano e ancora più da vicino, che tutto questo era Post-Tropico, insomma. E va meglio così.