Quando nel 2010 James Mercer e il super-producer Brian Burton (aka Danger Mouse del “The Grey Album”, collaborazioni con Beck, U2, Black Keys) si sono uniti sotto il nome di Broken Bells per rilasciare il loro primo album auto-intitolato, in fondo erano semplicemente “un side-project degli Shins” [di cui Mercer è il fondatore, ndR]. E, fra parentesi, a me andava benissimo così. “After the Disco” è il loro secondo lavoro e segna l’emancipazione da quella targhetta. Qualsiasi cosa sia accaduta nel frattempo, deve avere a che fare con un viaggio in macchina in cui passavano i Bee Gees alla radio.

(Voi quante volte riuscite ad ascoltare una canzone dei Bee Gees prima che il falsetto vi causi un attacco di nervi? Ecco, primo problema di questo album.)

Eppure “After the Disco” è un po’ di più e un po’ di meno che un album dance, come lo ha voluto definire qualcuno. Il termine che cercate ““ e che non esiste ““ è disco-melancholia, una via di mezzo fra un tag musicale e la condizione esistenziale di trovarsi in un luogo affollato in cui tutti si divertono e tu continui a pensare al passare del tempo. You’re trying not to look so young and miserable. Ci sono gli strobes intermittenti, ci sono tante, troppe persone, nessuna delle quali è quella che stai cercando. E allora “Holding On for Life”, “After the Disco” e “The Changing Lights” avranno anche il sapore di lustrini e sfere specchiate a centro pista, ma alla fine le parole chiave rimangono comunque “rimpianto”, “oggi/domani”, “niente cambia”, “rinuncia”, in un’evoluzione trentenne del ragazzo che cantava “Caring is Creepy” e oggi fra amarezza e accettazione I thought love would always find a way / But I know better now / Got it figured out / It’s a perfect world all the same.

La tentazione, per il resto, è di tradurre “The Remains of Rock’n’roll” (ultima traccia) come gli “avanzi” del rock’n’roll, perchè è quello il retrogusto stantio delle reminiscenze Oasis/Noel Gallagher in brani come “Control” e “Lazy Wonderland”. Più convincenti rimangono invece “The Angel and the Fool” e “Leave It Alone”, forse in debito con i Black Keys ““ già  prodotti da Burton ““ amabilmente blues di “Too Afraid To Love you”.
Un po’ più e un po’ meno che un album dance, si diceva, e alla fine dei conti non abbastanza. Lo so, è un’ingiusta ingenuità  pretendere che i Broken Bells siano gli Shins. Quindi mi si perdoni l’ingenuità , ma nessuna traccia di “After the Disco” ha l’efficacia di essere just a simple song / To say what you’ve done.

Credit Foto: James Minchin