Mattia Frenno è nato nel 1988, ma vanta già una buona esperienza con il gruppo dei Motel 20099. Come ogni musicista di razza viene il momento di voler provare a fare qualcosa di diverso, in navigazione solitaria, da qui nasce questo primo album solista, “Nobody gets a reprieve”.
“Peckinpah” è affascinante, gentile e delicata, veloce e suadente, la chitarra è rapida e la voce scorre senza fermarsi. “Grey eyes” ci porta invece fra atmosfere calde, suoni soffusi,sono i colori della sera a dominare la scena. La terza traccia “Last night” è una ballad lenta, voce e chitarra raccontano sensazioni delicate con toni suadenti, un motivo che si prolunga nella successiva “The free world”. “A place like home” inaugura una serie di canzoni che prosegue con “It’s not too late” e “To Alex”, suoni scarni e voce bassa, siamo nel campo dello shoegaze. Si arricchisce l’armonia in “Neon lights” e “Ash in the morning”, pur rimanendo intimistico diventa più corposo, ancora più dettagliata e ricca la canzone che va a chiudere l’album, “If there was a start this could be the end”.
Sono dieci tracce che raccontano della vita di tutti i giorni, con i suoi problemi esistenziali e di rapporti, il prendersi per poi lasciarsi, il valore delle piccole cose che scopriamo solo con il tempo, quando magari è troppo tardi. Solo voce che si spreme su chitarra acustica ed accompagnamento di piano, canzoni e melodie da ascoltare in silenzio, un sottofondo da apprezzare per la delicatezza e la capacità di creare un’atmosfera pensante e rarefatta. Cosa manca? Il genere è quello shoegaze classico, ma maggiore fantasia e voglia anche, perchè no, di osare qualcosa in più sarebbero ancora valore aggiunto. Un ottimo esordio da solista per questo chitarrista milanese.