Ho aperto il mio tumblr nel 2009, sopra ci ho caricato foto e le frasi carine, ma non ho mai pensato che la somma di quelle citazioni giuste e di quelle foto un po’ Sofia Coppola un po’ Nan Goldin (dipende dallo stato d’animo) avrebbero costruito la mia personalità . Conosco una tizia che ha raffinato così tanto la sua tecnica di selezione ““ una volta lo ha proprio scritto, “io sono brava a scegliere” millantando traslochi tascabili da uno stato all’altro ““ da essere riuscita a impersonare quella cosa che aveva creato, accumulando riferimenti giusti. Una reginetta del web, contenti tutti così.
Questo disco qua è suonato da diciottenni che stanno facendo più o meno la stessa cosa e se anche fare ogni volta critiche filologiche ai dischi è noioso e che quando sei giovane certe cose si dicono meglio urlando, saccheggiare PJ Harvey come se nessuno di noi l’avesse mai ascoltata prima è un’ingenuità che per una volta non voglio scusare. Un po’ come Gia Coppola che dirige “Palo Alto” come se nessuno di noi avesse mai visto i film desaturati e annoiati della cugina con lo stesso cognome (credetemi, Kirsten Dunst era molto più brava di tutti questi ragazzini qua, merito del sorriso obliquo).
Prendere un disco per parlarne male è inutile, di solito, ma la prima volta che ho sentito “Your brain is made of candy” mi è sembrato di conoscere quella canzone, l’ho pure canticchiata mentre camminavo, perchè effettivamente questa cosa qua l’ho sentita in un milione e mezzo di versioni, come in un generatore automatico di testi di musicisti arrabbiati e erotici che ti incastra nel cervello tra la quindicesima volta che ascolti Kim Gordon e i versi di Patti Smith portati a memoria.
Bisogna forse essere benevoli o ignorare e basta questi ragazzi, perchè ognuno ha i sogni che vuole avere, come conoscere il cantante dei DIIV perchè è la cosa più vicina a Kurt Cobain che puoi immaginare. Il fatto è però che, anche con tutto l’amore per certe sonorità sporche e imprecise, sopraggiunge una certa stanchezza all’ennesimo disco che non prova a dire niente di interessante: tutti abbiamo imparato a scrivere copiando lo stile degli altri, ma non tutti siamo disposti a pubblicare quello che abbiamo prodotto in quell’arco di tempo. Trovare la propria voce, rielaborare l’immaginario che ti sei coltivato intorno, imparare a fare qualcosa con quello che ti sei scelto: sono tutte attività preferibili a pubblicare il proprio esordio, anche con una label come la Captured Tracks che ti fa la corte.
Photo Credit: Alba Yruela