Eleganti e raffinati come pochi nel panorama del jazz contemporaneo che si affranca da marchingegni e stilemi precostituiti: così viaggia la musica dei Polar Bear nell’ultimo ”Same As You”.
Un grande senso di coralità tiene unito un collage poliritmico che si serve di notevoli improvvisazioni e strutture semplici.
L’alchimia e il feeling di queste sei tracks si avvita proprio a partire da un minimalismo mai scontato, come ”We Feel The Echoes”, propellente giocato sulle simmetrie del basso di Tom Herbert e e i continui andirivieni del sax di Mark Lockheart. Nei primi dieci minuti assistiamo ““ dopo l’intelligente premessa di Asar Mikael che ci introduce al significato della vita scandito in 3 battiti, ovvero ”Life, Love and Light” ““ ad un deciso e consapevole esperimento sulla linea della morbidezza, coinvolgente e allo stesso tempo fluido.
Diverso l’approccio di ”The First Step”, sempre con lo stesso risultato, dove Seb Rochford ha modo di costruire l’intelaiatura classica marchio di fabbrica dei Polar Bear: è una miscela di invitanti atmosfere tribali coniugate dalla volontà di avvicinare l’ascoltatore ad una visione più diretta e fruibile del sound, pur con evidenti richiami all’elettronica.
Da segnalare per forza e precisione sono ”Don’t let the feeling go”, con inserzioni vocali di Rochford e Hannah Darling, e ”Unrelenting Unconditional”, prendono per mano il ritmo attraverso patterns, sovrapposizioni di sax e suite abbandonate a giochi di riverbero intrecciate attorno a cadenze folk.
Sono musicisti che guardano avanti non c’è dubbio: preferiscono togliere invece di aggiungere, limare la densità dei contenuti mentre chi tende l’orecchio ha la sensazione che l’elemento ritmico guidi in maniera egemone ma non oppressiva, l’ideale di una musica che sa fino in fondo dove e come arrivare. Del resto, lo si afferma con linearità in apertura: è la vita che si vuole celebrare, e in questo, i Polar Bear sono maestri.