Mikal Cronin torna a Londra in seguito alla recente uscita del suo ultimo album, “MCIII”, il secondo prodotto da Merge Records, e stavolta sceglie un luogo iconico, il 100 Club in Oxford Street. Lo storico locale esistente già  dal 1942 sotto altri nomi non ha una grande capienza e quindi permette di creare un’atmosfera intima.
In questo tempio della musica, uno scantinato oscuro che trasuda storia e polvere da ogni parete, si sono esibiti, tra i tanti, Primal Scream, The Rolling Stones, Blur e BB King.
Scendendo una scala poco illluminata si accede al club ed è come entrare nelle viscere della Terra e sentirne il cuore pulsante che batte a ritmo di musica.
Aprono la serata i Dignan Porch, lo-fi psych-pop band proveniente da Tooting, quartiere a sud di Londra.

Creato nel 2009, il solo project iniziale dell’artista Joe Walsh si trasformerà  in una band, un quintetto più precisamente, che ha finora all’attivo quattro album ed un EP.
Sul banchetto del merchandising c’è spazio anche per la loro ultima opera in formato casssetta, crème, sulla cui copertina campeggia un bambino coperto di crema, Luke, il fratello del frontman Joe e del chitarrista Sam Walsh, che nell’album ha partecipato suonando la batteria e che da piccolo amava spalmarsi di crema per l’appunto.
Di strada ne è stata fatta dal primo album registrato dal frontman nella propria camera da letto. Nel frattempo c’è stata la formazione della band, un tour coast-to-coast negli USA e due in Europa. Nonostante i numerosi cambiamenti i Dignan Porch, nome che lo stesso Joe dichiara in un’intervista di essere privo di significato, conservano quella genuinità  che si ritrova anche nei loro video realizzati dallo stesso frontman e la passione per il do it yourself.

“Nothing bad will ever happen”, come suggerisce il titolo del loro secondo album, ma neppure niente di così memorabile accadrà  sul palco durante la performance.
La tastiera e la voce della visual artist Hayley Akins suggeriscono atmosfere nostalgiche e la presenza di due componenti femminili (Hayley e Philippa Bloomfield alla batteria) crea la giusta armonia, alternando brani ritmati e ballabili a pezzi più malinconici.
Tuttavia i DP si dileguano in poco più di mezz’ora senza riuscire molto a coinvolgere il pubblico che preferisce tener in serbo le energie per Mikal, il quale è reduce dal Primavera Sound Festival a cui ha partecipato solo quattro giorni prima e forse è per questo che si scusa per aver perso un po’ la voce. Londra inoltre non ha lo stesso clima della sua California e nemmeno di Barcellona.
Lui è esattamente come me lo ero immaginato: tie-dye t-shirt e faccia pulita da ragazzino. I lunghi capelli con cui è stato ritratto per la copertina di “MCIII” sono un lontano ricordo. I tatuaggi che ha sul braccio sono quasi infantili e proprio per questo sembra che potrebbe essere il tuo amico musicista del liceo.
Si parte subito con uno dei brani più orecchiabili, Turn around, nonchè pezzo di apertura del suo ultimo album, e subito dopo, proprio come prevede l’ordine della tracklist, segue Made up my mind, che contiene uno dei pensieri chiave dell’album: Just tell me when it hurts / I’ve made my mind up.
Creando un incalzante flusso si alternano canzoni tratte dall’omonimo album di esordio del 2011, come “Apathy” e “Get Along” e pezzi dal secondo album, “MCII”, unanimamente considerato il suo lavoro migliore, tra cui “Change” e la travolgente “Shout it out” che si fa veramente urlare con le sue innumerevoli domande (Do I shout it out?/Do I let it go?/Do I even know what I am waiting for? No, I want it now/Do I need it, though?).

Ma è ai primi accordi di “Weight”, opening track di “MCII”, che scoppia il boato tra il pubblico.
Il risultato è un armonico e scoppiettante incastro in cui si alternano i suoni pop-rock a quelli più grezzi e garage del primo album.
Purtroppo la ballata “I’ve been loved” (I’ve been loved/I’ve been lost/I’ve been locked inside my mind) non è stata inserita nella scaletta, ma c’è ancora posto per saltellare con “Say” e soprattutto per chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare da vi) “Circle”, uno dei miei brani preferiti di “MCIII” e che viene annunciato come canzone di chiusura. This is what I’ve got/This is what I’m looking for/Just please be all around.
Purtroppo Mikal è fin troppo British per quanto riguarda la puntualità  e solo una pezzo in più viene concesso dopo l’ora esatta di concerto.
è quindi ora di abbandonare il 100 Club e Mikal e la sua band ci lasciano con “Green & Blue”, non lo struggente farewell che mi sarei aspettata e avrei voluto, ma eseguito comunque con la stessa intensità  che ha caratterizzato l’intera esibizione.
Fuori piove più intensamente e il flusso di persone che solcano frettolosamente Oxford Street è diminuito. Il vento ci spazza via e ci disperde in ogni direzione. I’m getting closer to the door/It’s pretty late, I need to go.