Era il 1994 e Simon Reynolds usava per la prima volta il termine Post-rock, per inquadrare una nuova scena musicale di matrice Rock, pronta a contaminarsi con altre avanguardie sonore.
Oggi, i Deafheaven rientrano in questa grande categoria, in quanto capaci di diluire sapientemente black-metal, screamo e shoegaze, bilanciandone i sapori. Dopo l’osannato “Sunbather”, che entrò nella top-ten degli album Hard-rock più venduti nel 2013 (dati Billboard), la band di San Francisco continua a fare sul serio con “New Bermuda”, quarantacinque minuti di limpido black-gaze. Il disco si apre con “Brought to the Water” – pezzo che era già in giro da diverse settimane – dove campane a festa introducono una barriera sonora dove va a infrangersi la voce di George Clarke, che insieme a Kerry McKoy, sono i membri fondatori del gruppo.
Segue “Luna”, dove si alternano soffi melodici a uragani metallici. “Baby Blue” e “Come Back” sono forse i brani migliori dell’album e sembrano suonare come degli arrabbiati Explosion In The Sky o dei 65daysofstatic più analogici. “New Bermuda” è un album che ha delle grandi responsabilità da sopportare, ovvero non far pesare ai fan il passaggio da un’etichetta indipendente e a vocazione hardcore come la Deathwish Inc., alla più blasonata ANTI-, quantomeno più eterogenea nelle proposte della propria scuderia. I Deafheaven hanno creato un lavoro distinto, meno entusiasmante rispetto al precedente, comunque capace di far apprezzare il metal a chi non piace il metal.