Yo soy Pablo Emilio Escobar Gaviria. Mis ojos están en todos lados. O sea ustedes no pueden hacer una puta sola mierda en el departamento de Antioquia sin que yo me entere.
Un dà­a yo voy a ser presidente de la Repàºblica de Colombia.
Y bien, me gano la vida haciendo negocios. Ustedes pueden aceptar mi negocio… o aceptar las consecuencias.
Plata… o plomo.

Se dovessimo descrivere “Narcos” in poche righe, probabilmente la frase sopra riportata è la perfetta sintesi del nuovo serial di Netflix, essa esprime tutte le contraddizioni di un personaggio che crede di poter migliorare il suo paese ma che per farlo è disposto a usare ogni mezzo, rappresentazione di un dualismo che è la chiave di lettura principale di “Narcos”.

Tutta la narrazione è giocata su varie dicotomie di cui la citata “Plata o Plomo” (letteralmente traducibile in argento o piombo, ma il cui significato reale è soldi o morte) è la rappresentazione più simbolica e d’impatto, ma basti pensare che la serie finge di avere un punto di vista univoco quando invece questo viene sovvertito sistematicamente tra l’agente della DEA Murphy ed Escobar (due figure agli antipodi anche solo pe ruolo) e per estensione tra la DEA stessa e la “famiglia” dei Narcos per capire come lo show sia pieno di opposizioni.
Volendo ampliare ancora lo sguardo troviamo anche il contrasto tra USA e Colombia, la faida interna tra i cartelli di Medellin e Cali, politica e criminalità , azione e diplomazia e infine l’istinto contro il business, due componenti fondamentali per capire la figura di Escobar.
Sono i conflitti a dare dinamismo a questo racconto intriso di un particolare realismo magico, fondato sulla realtà  del paese surrealista per eccellenza, raccontato tramite i suoi infiniti microcosmi che vedono le prostitute brutalizzate, le scorribande dei sicarios, il reclutamento e le azioni dei messaggeri, la vita nelle comunas e tante altre particolarità .
A supporto di tale idea c’è un team creativo, capitanato dallo showrunner Chris Brancato e dal regista brasiliano Josè Padilha, che ha voluto dare un taglio semi-documentaristico alle vicende pur con tutti i crismi del cinema d’azione e del gangster classico; abbiamo quindi una regia attenta ai dettagli, ai personaggi, che ha uno sguardo deciso nel riprendere le indagini e i raid, ma che non disdegna alcuni virtuosismi.
è in fase di scrittura però che sta il vero capolavoro di Brancato, perchè dare una tensione narrativa così forte a vicende di cui si sanno già  molti fatti e una caratterizzazione interessante a personaggi famosi, senza renderli piatti come una pagina di un libro di storia, è impresa a cui solo grandi professionisti possono ambire.

A valorizzare il lavoro di sceneggiatura ci pensa poi un cast particolarmente azzeccato, partendo da Wagner Moura, vera rivelazione della serie, che riesce a dare carisma e un’aura magnetica, ma allo stesso tempo molto negativa, dalla quale è difficile non essere rapiti.
Lo sguardo, la corporeità  e la gestualità  di Moura rientrano nel manuale del “buon gangster”, ma sono quell’energia e quel fuoco tipicamente sudamericano che lo portano a essere una parziale novità  nel genere.
Se Wagner fa la parte del leone gli altri comunque non demeritano, Boyd Holbrook rende benissimo la sua discesa nell’inferno colombiano (parte con lo spirito di dover affrontare un’altra missione e finisce con la brutale consapevolezza che questa sarà  la missione della sua carriera), Pedro Pascal è una buona spalla che dà  il giusto istrionismo e ironia alla coppia di agenti, Maurice Compte è un apprezzabile colonnello incorruttibile e roccioso, così come Juan Pablo Raba, Jorge Jimenez e Luis Guzmà n sono ottime figure criminali e Stephanie Sigman è la perfetta Femme Fatale.

“Narcos” quindi centra pienamente ogni suo obiettivo e lo fa con sapienza, con un occhio cinico e disincantato, utilizzando al meglio i mezzi del cinema e della televisione, e di conseguenza della regia e della sceneggiatura, per raccontare l’ascesa di una figura tra le più controverse dei nostri tempi e regalandoci uno show che può già  ambire all’olimpo della serialità .