Con “The Family Tree: The leaves”, il cantautore di Jacksonville, Radical Face, chiude il cerchio di una trilogia espressiva ( la storia di una famiglia del diciannovesimo secolo alla ricerca delle proprie roots) ben accolta dagli ascolti, in questo suo folk sognante, melanconico e farcito di solitudine parla, l’artista canta della sua intimità personale e di certe “preveggenze” della famiglia raccontata, si impronta su illusioni, rammarichi, timidezze e cristalli di rinascita interiore che fanno volare l’immaginazione in uno stato placentare, meravigliosamente dolceamaro.
Straordinariamente suonato con strumenti musicali dell’800/900 scorso, il disco che si allunga su dieci brani, è una sorta di “vitalizio sonoro” di cui goderne ad occhi chiusi, letteralmente di plana in altre atmosfere, ci si stacca da terra in pochi minuti, fluttuando in luoghi metafisici.
Banjo, violini, trucioli di elettronica a ricamare arie d’archi, delicatezza e una particolarissima intenzione ad incantare l’orecchio, fanno di questo lavoro una magia insondabile dai movimenti, dinamiche e traiettorie indefinibili in uno spazio, la ballata color ocra “Rivers in the dust”, la ninnananna “Midnight”, il folk ancient alla Counting Crows “Third family portrait”, “Old gemini”, “Bad blood”, un “bottino di malizie” che è amore al primo ascolto.