L’altra notte sono rimasto alzato per vedere gara 2 dei play-off Nba tra Oklahoma City e Dallas Mavericks, speravo finisse con una poco probabile vittoria di Nowitzki dopo la mastodontica sconfitta incassata in gara 1. Ebbene gli sforzi sono stati ripagati, Rick Carlisle ha ingabbiato gli avversari più forti come solo lui sa fare. I vecchietti torneranno a difendere il proprio campo texano con la consapevolezza di potersela giocare, anche se le speranze di passaggio del turno rimangono limitate nel campo dei miracoli.
Questo preambolo non è totalmente sconnesso alla musica, e più precisamente a quella di Tim Hecker. Il canadese con il nuovo “Love Streams”, l’etichetta è la 4AD e non la solita Kranky, torna a farmi collegare i due mondi.
Veniamo al dunque: la musica di Tim Hecker è sovrapponibile a Wunder Dirk Nowitzki, nella mia mente si lega indissolubilmente ai fadeaway jumper del tedesco. Anche contro Durant l’estasi si è compiuta, sempre identica a se stessa eppure ogni volta impercettibilmente varia. Ricezione spalle a canestro, passo per crearsi lo spazio e tiro che parte con parabola altissima; il risultato è più o meno sempre quello, solo retina e due/tre punti per Dallas.
In quella serie di movimenti assolutamente personale c’è un tutto totalizzante, lo stesso ingrediente trovato nei lavori di Tim Hecker.
“Love Streams” è sintetico ed organico uniti, come in Nowitzki abbiamo naturalezza e robotica del tiro. Una tecnologia chiamata Melodyne per ricalibrare musica corale del ‘500 e tastiere digitali anni novanta, rimescolate poi dal genio di Jòhann Johannsson. E mi è sempre piaciuto vedere nel tracciato dei tiri dell’ala tedesca, così spinto verso l’alto, una tensione spirituale, tra allenamenti a ritmi di musica e preghiera. La spiritualità è sempre radicale, la preghiera idem perchè nell’atto del chiedere sta una rivoluzione difficilmente riscontrabile altrove. La musica di Hecker si può definire radicale? Nel senso appena espresso sì senza dubbio, tuttavia bisogna affrontare spesso un problema di percezione. Spingere al limite i droni, i rumori e la dissonanza non equivale automaticamente all’elevazione, all’estasi; al pari dell’Nba dove l’aumento spropositato della velocità in transizione non è garanzia di perfezione, anche se così pare.
Comprendere la spiritualità è opera troppo complessa, ma non appiattire le visioni rintracciando religiosità dove non c’è richiede meno sforzo. In “Love Streams” il cerchio si chiude, la retina quasi non si muove al passaggio della palla, smorzando il piede dall’acceleratore. Anche quando si potrebbe debordare, che sia droni o noise o chitarra, Hecker lascia decadere il suono senza strafare. La nebbia non è fitta, le voci lontane nel tempo e nello spazio sono vive e la pesantezza svanisce senza sberleffi ed inutili divagazioni; trascendere immergendosi senza faticare troppo non è mai stato così facile.
Il canadese ed il tedesco, ognuno nel proprio campo, hanno raggiunto una normalità complessa che fa continuamente stupire noi comuni mortali. Lo ripeto, rimaniamo in estasi. Personaggi del genere ci darebbero l’opportunità di osservare con occhio più critico il modesto, ma l’essere umano continua anche nella musica ad innamorarsi di bolle di sapone.
Per sua maestà Lebron James il leggendario fadeaway di Nowitzki è il secondo tiro più immarcabile della storia dopo lo skyhook di Kareem Abdul-Jabbar. Tim Hecker più o meno regge tali confronti, vero?