Nel 2012 Valeria Caputo si faceva notare dalle cronache musicali nostrane con il songwrinting delicato ed intenso di “Migratory Bird”: un esordio che omaggiava Joni Mitchell e sognava la soleggiata west-coast americana. Quattro anni di silenzio non sono pochi, ma Valeria riparte esattamente dove ci eravamo lasciati, pur cambiando ragione sociale e coordinate musicali.
Il nuovo “Supernova”, infatti, spedisce la cantautrice forlivese (ed il collaboratore Christian Mastroianni, già  autore, con lo pseudonimo di Chris Yan, di pregevoli esperimenti tra passato e futuro, folk ed elettronica) nello spazio cosmico, partendo però da una manciata di sample del disco precedente.
Un esperimento curioso e decisamente realizzato, CAPVTO (il nuovo alias di Valeria) sforna così un album che si muove agile e maturo tra synth-pop, folk celtico e indie-rock virato free-jazz, senza mostrare mai una debolezza, eccetto forse l’incursione EDM di “Looser”, non brutta ma palesemente volgare rispetto al mood dell’album.
Spesso il problema della traslazione verso l’elettronica di musicisti con un background più tradizionale è rappresentato dalla mancanza di riferimenti rispetto ai più attuali discorsi che la musica sintetica e digitale va affrontando, eppure il debutto della nuova incarnazione di Valeria riesce ad immaginare un universo sonico meravigliosamente autosufficiente.