“Dissolve into the air
I’m another body in this town
I don’t care about anybody
Except a few around
And you never bring me down”
Marissa Nadler – Dissolve
Sono passati due anni da “July” l’intensa e tempestosa estate disperata di Marissa Nadler. In questi ventiquattro mesi molto è cambiato nella vita musicale e personale della cantautrice americana. Un matrimonio, con relativa tremarella e infiniti ripensamenti. La rinnovata, ritrovata sobrietà . Dopo essersi messa alla prova con le emozioni senza filtri di “July” forse Marissa aveva bisogno di cambiare, di prendersi una piccola vacanza da quelle heartbreak songs che sa creare così bene. Le canzoni di “Strangers” sono nate in un posto familiare: nella sua casa e sulla veranda. Pochi passi, assi di legno percorse infinite volte avanti e indietro per raccogliere frammenti di storie, fotografie, immagini, personaggi che le giravano in testa confusi. Una dolce prigione dove riflettere, ricordare. Quattro mura, una finestra per guardare fuori e scrivere “Shadow Show Diane” pensando alla vicina di casa. Immaginando una vita diversa.
Sembra un piccolo romanzo “Strangers”, un romanzo che parla della fine del mondo in “Divers Of The Dust” e “Nothing Feels The Same” ma anche di amicizie che si spezzano, di esseri umani solitari. Destinati a perdersi. Estranei di nome ma non di fatto, perchè ci vuole davvero poco a farseli amici. O meglio amiche, femmine, perchè ancora una volta sono le donne a dominare l’universo musicale di Marissa Nadler. C’è Diane, c’è la Katie cantata con delicatezza insieme a Eyvind Kang, già collaboratore dei Sunn O)) e dei Six Organs of Admittance. C’è “Janie In Love”, “a natural disaster“. Ci sono gli arpeggi gotici di “Skyscraper” e il carillon di “All the Colors of the Dark”, il crescendo di “Hungry Is the Ghost”. La notte infinita di “Strangers”, le armonie di “Waking”, l’assurda semplicità di “Dissolve”.
“Strangers” è un disco elegante e dolce, fatto di emozioni raffinate viste a distanza, arrangiato e prodotto magistralmente dall’ormai onnipresente Randall Dunn. Meno diretto, meno viscerale di “July” e forse non poteva essere altrimenti. E’ la quiete dopo la tempesta. Un tranquillo weekend in provincia dopo una sfrenata notte in città . Forse il lavoro più accessibile mai uscito dalle sapienti mani di Marissa Nadler. Un nuovo capitolo nella carriera di un’artista che dopo tanti anni ha sempre molto da dire. E che ancora una volta dimostra di essere una CantaAutrice con la C e la A maiuscole.