A dieci anni esatti da quel piccolo capolavoro che fu “Everything All The Time”, i Band of Horses tornano sulla scena con il loro quinto lavoro in studio. Erano attesi da migliaia di fans e da una critica musicale che non aveva accolto di buon grado l’ultimo “Mirage Rock”, il quale – tacciato di essere un album non all’altezza – ne aveva sbiadito l’immagine di portavoce di un certo tipo di indie rock all’americana.
Eccoli dunque con “Why Are You OK”, in tutta la loro bellezza, dopo una fase transitoria e di più che probabile riflessione, culminata con la (saggia) decisione di intraprendere un percorso a ritroso volto a ritrovare il proprio io. Un processo del quale si apprende a partire dalla traccia d’apertura, “Dull Times/The Moon”, alla quale fa seguito “Solemn Oath”. Due pezzi con anime diverse, ma in pieno stile Band of Horses. Ben Bridwell sussurra “Maybe I should go back, I’m gonna think about that”, quasi a voler strizzare l’occhiolino a chi chiedeva alla band di riappropriarsi dello stile e delle vibrazioni che l’avevano proiettata nell’Olimpo musicale due lustri or sono. Con arrangiamenti curati al dettaglio e un’atmosfera in bilico tra la malinconia di un tramonto e le più distese albe estive, “Why Are You OK” prende forma passo dopo passo. E’ un piccolo viaggio all’indietro, per l’ascoltatore, verso le radici che avevano dato solide fondamenta a questo quintetto di Seattle.
“Hag” conferma la vena d’ispirazione che ha portato alla stesura di questo album. Bridwell si muove rapido tra quadri illusori in cui il disincanto trova piccoli momenti di protagonismo. Le liriche affondano sempre lì: c’è quella maturità da raggiungere e far propria. Il che traduce in molteplici aspetti la necessità di fare quadrato che, gioco forza, ad un certo punto si incontra nella vita. Il senso di questo “Why Are You OK” è tutto qui, nella delicatezza emozionale di una band che da oltre un decennio sa far convogliare il proprio credo musicale in una produzione fattasi via via più raffinata.
Tante piccole note compongono questo lavoro: si pensi a “Casual Party”, alle ritmiche country di “Throw My Mess” oppure alla tenue “In a Drawer”. è un insieme di grande qualità in un contesto – quello attuale – dove si sperimenta parecchio, talvolta senza arrivare al dunque. Band of Horses scrivono storie, laddove Bridwell racconta che la vita è un bel viaggio e vale la pena viverlo nel quotidiano. Meglio se indossando quell’abito di elegante indie rock di cui il quintetto va ancora orgoglioso.
Sono felice di questo ritorno, perchè questo ragazzi hanno scelto di scrollarsi di dosso l’ansia da prestazione che condizionò “Mirage Rock”, annacquandolo. Lo si evince al termine dei quasi 50 minuti di un disco curato, piacevole, malinconico ma senza tensioni. “Why Are You OK” è la dimostrazione, una volta in più, che rimanere (o tornare) se stessi è pur sempre la scelta più redditizia. Soprattutto quando si tratta di scrivere canzoni che arrivino dritte al cuore senza fronzoli nè futili ornamenti.
Credit Foto: Christopher Wilson