La parabola artistica dell’inglese Zomby, uno dei talenti più visionari di tutta la generazione dubstep, è rappresentativa degli alti e bassi del movimento elettronico nato a Londra intorno alla metà  degli anni zero: dopo un esordio intriso di retromania ravey e pubblicato dall’etichetta di un collega (la Werk Disc di Darren Cunningham, meglio noto come Actress), il producer (che appare sempre a volto coperto) approda presso la storica 4Ad, realizzando due album che rappresentano l’apice della sua poetica, tra panorami industriali, atmosfere urbane, romanticismo e derive esoteriche.

Il nuovo “Ultra” invece segna il ritorno ad un’etichetta di genere (quella Hyperdub che diede origine a tutta la questione), quasi a disegnare la chiusura di un ciclo (ed a certificare un calo d’interesse nei confronti di certi suoni): il disco, ispirato a tematiche cardine di questa nostra contemporaneità  (incomunicabilità , migrazioni, identità  sessuale, onnipresenza tecnologica) può vantare alcuni featuring notevoli, eppure non è quello che si potrebbe definire un ascolto consigliato. è, in maniera minore, lo stesso problema che colpiva un’altra recente uscita Hyperdub, il sophomore-album di Fatima Al Qadiri: entrambi dischi importanti e ricchi di contenuto, capaci di raccontare la realtà , ma anche dischi insipidi e musicalmente inutili, quando non addirittura brutti.

E se la colpa non fosse degli artisti, ma direttamente della realtà  che vorrebbero descrivere?

Credit Foto: Shawn Brackbill