L’altare ormai sconsacrato dell’indie/emo rock made in the USA porta ancora, indelebili, le incisioni di chi vi ha fatto la storia. Non manca il nome Taking Back Sunday. Una band di un certo calibro artistico e con presenza scenica da vendere, che all’inizio degli anni 2000 fece la propria porca figura con album divenuti in seguito icone, nell’immaginario collettivo.
Settima fatica di una carriera ormai fattasi adulta, “Tidal Wave” è il ritorno della band newyorkese, a distanza abbastanza ravvicinata dall’ultimo disco in studio. Giunge infatti in una fase artistica piuttosto intensa, in cui frontman Adam Lazzara sembra essere stato in preda ad una certa foga compositiva, dopo aver ricompattato la lineup originale e dato alla luce dal 2011 in poi due album di buona fattura quali l’eponimo “Taking Back Sunday” e “Happiness Is”, quest’ultimo accolto con favore dalla critica musicale.
Mi aspettavo una certa evoluzione, mi rimane invece un po’ d’amaro in bocca. Lungi da me la pretesa di un netto ritorno alle origini o di una inversione verso un genere che calzava alla perfezione un decennio fa ma che ha cambiato inevitabilmente pelle. E’ un affare pericoloso quello, dove il confine tra l’innovativo e lo stucchevole è fin troppo labile. Mi attendevo, però, una certa potenza emozionale che in questo “Tidal Wave” viene a mancare.
E pensare che l’album parte col piglio giusto: una sontuosa “Death Wolf” che cresce alla distanza ed esplode in un’ossessionata serie di percussioni e un cocktail di chitarre che mi lasciano ben sperare. “Tidal Wave”, la title-track, scivola via veloce, mentre “You Can’t Look Back” riporta a galla i ricordi di “…Slowdance On The Inside”. Subito dopo la power-pop “All Excess” inizia, sul più bello, la fase calante di “Tidal Wave”. Taking Back Sunday – d’un tratto – assumono le sembianze di una band involuta, le cui liriche scivolano presto sul banale, di pari passo con giri armonici che odorano di armadi rimasti chiusi troppo a lungo (“Fences”, “Holy Water”, “We Don’t Go In There”).
E’ tutto facilmente dimenticabile insomma, nonostante qualche altro tentativo di riportare in pareggio il bilancio finale ci sia. La power ballad “I’ll find a Way To Make It What You Want” chiude malamente un cerchio che vive di pochi scossoni e parecchia piattezza. Non c’è null’altro che faccia girare davvero la testa, dopo un promettente inizio. C’è maturità artistica e spessore di esecuzione, quello si, ma “Tidal Wave” sembra un lavoro un po’ approssimativo, che piacerà ai fans e non farà gridare allo scandalo. Permettendo probabilmente alla band di scalare qualche posizione importante in classifica. E’ però un disco che spara a salve e finisce nel dimenticatoio, almeno a parere di chi scrive e ha sempre ammirato Lazzara e i suoi Taking Back Sunday.