“A Loud Bash of Teenage Feelings” è il nuovo, meraviglioso, album di James Alex, Rubens Gallego ed Ed McNulty, in arte Beach Slang. Nato quasi per caso circa tre anni fa, questo progetto ha riportato in vita il punk rock genuino in tinte stars & stripes. Lo ha fatto  riprendendo per mano almeno un paio di generazioni rimaste orfane di un genere mai dimenticato. La formula è semplice: chitarre e voce distorte, un bagaglio di energia da vendere e quegli accordi power rock che ti entrano nello stomaco e te lo centrifugano senza sosta.

Dura nemmeno mezz’ora, questo nuovo LP, che segue di appena un anno il già  intenso “The Things We Do To Find People Who Feel Like Us”. Si snoda attraverso 10 tracce, una più bella dell’altra, che arrivano a toccare vette inattese, tanto sul piano vocale quanto su quello compositivo. Potrà  sembrare il sequel ideale rispetto al predecessore, perchè gira e rigira l’atmosfera è quella, ma il viatico  di racconti ed esperienze di questo disco è tutt’altra musica, davvero.  “Future Mixtape For the Art Kids” apre il percorso, “Atom Bomb” è un’esplosione distorta, “Spin The Dial” fa sognare a occhi aperti. E’ forse questo – unitamente a “Punks In A Disco Bar” (primo singolo estratto) e “Wasted Daze Of Youth” – il picco  di intensità  emotiva, laddove Beach Slang curano un’ulteriore serie di referenze a una band per loro musa ispiratrice quali i The Replacements.

Alex chiede di suonare a volume alto, chiede di suonare veloce. La musica è la medicina, è la cura definitiva: alla depressione, all’abuso di alcool e di droghe. Musica che salva una, dieci, cento, infinite vite. “Hot Tramps”  ne incarna l’essenza, fa vibrare gli amplificatori e chiude con un sognante assolo in distorsione che – siamo pronti a giurarci – farà  arrivare le farfalle allo stomaco quando suonato live.

Questo trio guarda al passato con un pizzico di malcelata nostalgia, ma mai e poi mai cade nel tranello di autocommiserarsi. Sono selvaggi, leggeri, scanzonati, fanno venir voglia di saltare: Beach Slang sono onesti come pochi. Scrivono canzoni che sembrano sgorgare dall’anima, arrivano dritti al cuore e lo prendono a pugni, come sono soliti urlare in faccia al proprio pubblico quando salgono sul palco e imbracciano le loro chitarre. Suonano con la naturalezza e il menefreghismo di chi ha ancora la capacità  di mettere in musica i propri sentimenti, di mettere a nudo le proprie paure, di ridere in faccia alle proprie debolezze. Parola di James Alex, che dalla maturità  dei suoi 40 e più anni estrapola freschezza e voglia di scherzare, desiderio  di sorridere.

L’importante è sentirsi vivi e il frontman ce lo dice a più riprese: we are not lost, we are dying in style / we are not fucked, we are fucking alive. E ancora, in coda a una tosta “Warpaint”: don’t be afraid, to want to be alive. Non aver paura a desiderare di sentirti vivo. Beach Slang, amici, fanno per voi, se siete in cerca di emozioni. Quelle vere.