Preludio: due ragazze, una simil Hilary Duff e la versione grezza di Florence Welch si conoscono ad un corso d’uncinetto e decidono di formare un gruppo. Se non conoscete ancora le Deap Vally a questo punto dovreste provare ad immaginarvi il risultato che potrebbe scaturire da questo incontro, Fatto ? Probabilmente è l’esatto contrario di quello che sto per andarvi ad esporre.
La coppia Losangelina ricalca letteralmente i topoi musicali di molti dei miei gruppi preferiti: adoro le girl band così ed ho una predisposizione fanatica per i power duo. La potenza del loro sound è d’altro canto bilanciata da un altrettanto potentissimo impatto estetico, le Deap Vally ““ come dire- sono gnocche. Certo, il loro aspetto ha contribuito in maniera determinate alla formazione del loro successo ma, allo stesso tempo, si è rivelato un arma a doppio taglio continuando a relegarle in una zona grigia, in una specie di limbo per ragazze carine ma senza carisma, una situazione resa ancor più grave dall’assenza di elementi innovativi e dalla scelta stessa del titolo, Femejism.
Le Deap Valley meritano quindi innanzitutto un’attentissima analisi antropologica inserendosi di fatto in una linea storica che comprende certo Virginia Woolf e le suffraggette ma anche esempi ben più sconfortanti come le proteste hippie contro la depilazione o quelle nudiste delle Femen. Le battaglie femministe fanno spesso ricorso all’argomento del corpo e della sua libertà , e siamo d’accordo , Lady Gaga ed Emily Ratajkowski ne hanno più volte fatto uso scendendo in campo nelle più disperate campagne umanitarie. Per quale motivo quindi essere carine dovrebbe essere una colpa e per quale motivo soprattutto essere carine dovrebbe essere una colpa se a fattezze decenti è corrisposto del contenuto. Ci sono cantanti ( se così sono definibili) che in maniera molto più palese hanno costruito la loro carriera sulle forme del proprio fondoschiena.
Il discorso vale ovviamente anche al contrario, il punto è questo, ci facciamo inevitabilmente influenzare dall’aspetto delle persone anche nei più banali frangenti della quotidianità , possibile che lo stesso atteggiamento si perpetri anche in materia di giudizi artistici. Il dilemma del packaging per molti versi somiglia all’equazione di Schrodinger. Le Deap Vally certamente rincarano la dose, non si tirano indietro nei confronti di pose ed atteggiamenti ammiccanti, ma non possiamo forse del tutto accostare il loro comportamento a quello di un Alex Turner riscopertosi sex symbol o della capostipite della gatte morte Lana del Rey, insomma, il contenuto della loro musica viene per questo meno? Due ragazze un po’ scollacciate che si fanno ritrarre con le gambe aperte mentre bevono birra da lattine di un litro non possono far altro che attirare l’attenzione, ancor di più se suonano rock, rock puro, vero, da pogo che la logica perversa dello showbiz americano non può far altro che trasformare agli occhi di molti ( e di molte femministe in particolar modo) in una specie di versione musicale di quelle lottatrici mezze nude che rotolano nel fango. Roba da maschi, per l’appunto, interpretata da donne sensuali, una formula che da sempre sembra funzionare negli States. No , le Deap Vally non sono assolutamente questo.
Femejism è un album leggermente meno potente di quello del loro debutto ma certamente più vario, a questo affievolimento ha probabilmente contribuito la supervisione musicale di Nick Zinner chitarrista degli Yeah Yeah Yeahs. Canzoni come Smile More strizzano decisamente gli occhi agli anni 90, al grunge di Courtney Love o a quello più moderno di un’altra ben più brava Courtney, Barnett, seppur le coordinate generali rimangano pressappoco le stesse. Un rock d’annata palesemente spinto, la voce prepotente di Lindsey Troy che sa far coesistere sensualità e rabbia, i riff della sua Fender protratti all’infinito, la cassa dritta, essenziale, quasi monotona di Julie Edwards che sarebbe in grado di tenere il ritmo anche suonando un cocomero. Sono solo in due quindi poco fronzoli e tanto spazio all’ amplificatore, la sensazione netta è quella di voler ricreare in studio la stessa dimensione del live. Garage rock cafone, cazzuto, macho nel mostrarsi con così tanta ridondanza in tutta la sua potenza. I riferimenti sono i soliti, gli stessi che potreste trovare in qualsiasi altra recensione, i Led Zeppelin e White Stripes (of course) soprattutto, ma anche Sleater-Kinney, The Donnas etcetera.
L’hype creatosi attorno alle Deap Vally non è stato quindi generato dai loro atteggiamenti quanto più dalla loro collocazione in un ambito musicale che ,apparentemente, sembra non spettarle, sembra non spettare alla donne, e la lotta per un posto in ambiti tradizionalmente considerati estranei al gentil sesso è ciò che più profondamente e più coerentemente segna il femminismo dei giorni nostri. Le quote rose (che io comunque continuo a ritenere un palliativo offensivo) sono una prova concreta di questa nuova prospettiva man a mano adottata dalla società ma la battaglia per la parità dei sessi, nonostante tutto, in molte nazioni della società occidentale sembra non essere ancora riuscita a spazzar via del tutto la complessità di pregiudizi e di luoghi comuni che continua ad affliggerla.
Le ultime a reclamare la propria dignità in ordine cronologico sono state le calciatrici in seguito alle dichiarazione del presidente della FIGC Carlo Tavecchio ed è interessante notare come i focolari di queste manifestazioni scoppino sempre all’interno di ambiti storicamente considerati (quasi)esclusivamente maschili. La definizione di band di supporto con cui molto spesso sono state descritte sembra proprio ricalcare questo falso prototipo della superiorità sociale dell’uomo, sono veramente le Deap Vally a non meritarsi un palco più grande o è tutto frutto della spocchia e della visione persino un po’ bigotta di determinati giornalisti che le hanno scoperte solamente durante i magniloquenti concerti di artisti mediocri come Muse e Red Hot Chilli Peppers? Il rock liberale degli anni sessanta e cosa ben diversa dall’hard rock in cui è sfociato un decennio più tardi, lungi da me muovere una critica o farne un discorso totalizzante, ma questo genere è sempre stato impregnato da questa visione maschilista della donna oggetto; ed è bello proprio per questo, che vi piaccia o meno, o metà della produzione di gruppi come gli AC\DC in caso contrario andrebbe a farsi benedire.
è in quest’ottica che a mio avviso si realizza a pieno la rivoluzione femminista delle Deap Vally, in questo cambio di prospettiva,in questa immedesimazione pressochè totale nei clichè maschili delle star del rock mondiale compiuta da due donne in un mondo in cui potevano partecipare solamente come groupies. Le Deap Vally sono effettivamente groupies, groupies che hanno imbracciato gli strumenti per rendere tributo alla musica che fino a quel momento hanno sempre venerato finendo così dall’altra parte del palco.
Ma il loro progetto fortunatamente non finisce qui, anzi, è proprio qui che inizia il bello, volessimo giocare con le parole come la stessa Lindsey aveva già fatto in Your Love potremmo utilizzare il cognome della cantante per definire le Deap Vally appunto come un cavallo di troia, un cavallo di troia che entra in scena prima del gruppo per cui avete pagato il biglietto per farlo impallidire. Le Deap Vally dal punto di vista tecnico non comportano nessuna innovazione perchè è letteralmente sul piano degli uomini che si vogliono confrontare, con le stesse regole, sgomitando con loro per accaparrarsi il meritato spazio. Il femminismo che scaturisce dai loro testi è una diretta conseguenza, quasi un corollario, della loro musica. La grande missione della formazione californiana risiede proprio in questo nel trattare un genere con adeguata strafottenza fino a piegarlo, a stravolgerlo nel contenuto alla nuova tirannia dell’argomento in rosa. Quando calcano il palco a piedi nudi ogni definizione precostituita di potenza viene meno, mai come in questo caso, una band con i contro coglioni.