Il weekend romano di metà  Marzo accoglie Manifesto, festival che si sta ritagliando un posto speciale nella scena capitolina, tornato al Monk nella seconda edizione dedicata all’esplorazione di nuove frontiere sonore. Lo scorso anno era stato un tributo ai talenti nostrani, tra nomi nuovi e sorprese che hanno via via confermato le aspettative degli esordi. Stavolta la miscela si è avvalsa di caratteri tribali, futuristici e per certi aspetti inusuali, sempre con un occhio di riguardo alla qualità , che già  sulla carta non manca affatto.

Per i viaggi intercontinentali c’è tempo, il venerdì si apre con un artista italianissimo, il genovese FILOQ, uno stile incalzante a metà  tra jazz ed elettronica di buonissima fattura. La sala principale comincia ad affollarsi, quando sono passate da poco le 23.00, cominciamo ad assaporare l’atmosfera di evasione dai suoni più ordinari che sarà  ricorrente per tutta la programmazione del festival. Sul palco arriva subito dopo la carica latina di Barrio Lindo, un potente concentrato di folk argentino che diventa cumbia e beatcore in un corpo solo. Il clima è ormai caldo e si respira l’aria perfetta per Clap! Clap!, che si esibisce subito dopo, quando è da poco passata mezzanotte ed il Monk è completamente pieno. Uno show, quello del talento fiorentino, che viene accompagnato da una band per la prima volta, sulle note del nuovo album “A Thousand Skies”, fresco di uscita. Il pubblico viene trascinato nel momento più energico della serata dalla forza che il nuovo setup dimostra, tenendo la pressione elevatissima per oltre un’ora, mentre l’artista di casa Black Acre strimpella sulla sua drum machines e salta tra un ride ed un crash posti dietro la postazione. Grandi sorrisi e grande baldoria, arriva Com Truise con la sua synthwave a tenere ancora tutti su di morale. L’inconfondibile stile futuristico del newyorkese porta gli anni Ottanta nella nostra epoca, con un sali-scendi d’emozionante enfasi, dimostrando che i tour mondiali che lo vedono protagonista sono acclamati per un’ottima ragione. La sala resiste pienissima, fino a tarda notte, quando è Andrea Esu, padrone di casa, a terminare le danze con il dj set.

Si riparte il sabato, anche stavolta l’apertura è affidata ad un act nostrano, il duo formato da Jukka Reverberi e Max Collini per il progetto Spartiti. Il pubblico rimane colpito e presente per l’intera durata dell’esibizione audio/visual, coinvolto dal palco dalla incalzante voce narrante di Collini che spazia tra i racconti a tema incentrati su PCI, anni Ottanta e storie di una politica di un tempo, mentre Reverberi al sequencer e alla chitarra imbastisce le trame elettroniche di “Servizio d’Ordine”, il loro ultimo EP. La seconda serata prosegue con l’artista francese Cleo T., un’energia femminile dalle mille sfaccettature che sprigiona un pop elettronico di fine levatura. L’esibizione è coreograficamente molto intensa, con le installazioni scenografiche più appariscenti e bizzarre della notte, mentre la band (con tanto di violini al seguito) esegue i pezzi del recente album della transalpina. Adrenalina al posto giusto, così che l’ingresso dei peruviani Dengue Dengue Dengue arriva esattamente nel punto cruciale, anche in questo caso. I due artisti di Lima, mascherati quasi alla SBTRKT, hanno nelle corde il linguaggio avvolgente proposto da Manifesto quest’anno, un’esplorazione del sole e delle sue radiazioni avvolgenti, caldamente filtrati in un clima ormai di festa, come la giornata precedente. A conclusione un altro dj set di chi fa gli onori di casa, Innerflow e Echoes, salutano un Monk che si è divertito anche sul finale (e nonostante l’inconveniente all’iraniano Ash Koosha, trattenuto all’aeroporto di Londra nel pomeriggio, che sarebbe stato tra i protagonisti).

I due giorni di Manifesto sono sembrati un gustoso anticipo di Primavera, con artisti di differente collocazione, ognuno a portare qualcosa alla causa. Li ha uniti un particolare gusto, ciascuno differente, che è stato ricercato con sapiente mano, non c’è alcun dubbio, dalle menti dietro lo show capitolino. L’appunto per la prossima edizione è probabilmente relativo alla durata: le tre giornate del 2016 erano sembrate meglio suddivise, la partecipazione sempre molto alta, specie nelle due date del weekend, prima della domenica. Non ci stanchiamo mai di fare baldoria fino a tardi, forse è quello il vero problema! La doppietta del Monk con Manifesto ha comunque assai convinto, la aspettiamo per un terzo capitolo con curiosità  ancor più grande.