Ci vuole coraggio ad essere ad essere punk nel 2017. Forse perchè, per esserlo al giorno d’oggi, non sono più sufficienti giubbotti borchiati e cresce colorate. Ed è così che le formule più pacate di uno scrittore come Dino Buzzati finiscono per prestarsi al meglio ad un concetto tanto punk quanto romantico quale quello della ribellione o della rottura.
Il Colombre è il mostro marino che, per l’intero corso dell’omonimo racconto, insegue un giovane marinaio che lo rifugge timoroso, ignaro, che la terribile creatura volesse solamente porgli la perla che lo avrebbe reso ricco per il resto della sua vita. Ma non vorrei dilungarmi troppo nelle analogie con un libro che non ho mai letto. Certo, ci terrei comunque a dimostrarvi la mia verve letteraria, “Deserto”, la canzone che chiude l’album, credo si riferisca proprio al Deserto dei Tartari, questo sì, un libro che ho già consumato, al quale, anche “Fuori Tempo” sembra fare un po’ da eco.
Poco importa, quel che conta è il significato che a questo Colombre ognuno di noi può attribuire, che sia un messaggio apparentemente scontato quale quello di non farsi ingannare dalle apparenze o la più ricercata interpretazione del timore che un artista nutre nel compiere il suo primo passo solista. Il Colombre è un mostro marino e il mare è oppressivamente presente in quest’album. Scandagliare le profondità degli abissi e quelle dell’animo umano, in fondo, sono due operazioni che non si discostano poi così tanto. L’attrazione per l’ignoto, si sa, ci affascina tanto quanto ci intimorisce, ma è inevitabile mettersi in gioco quando la posta in palio è la crescita personale.
Giovanni Imparato si è allontanato dalla band aprendo così le porte per una nuova e più matura stagione creativa, in questi termini quindi -che potrebbe risultare persino un po’ eccessivi- se volessimo intendere il Colombre come metafora della liberazione da un fardello, di un percorso personale catartico, allora quella venatura di malinconia bella che pervade l’intero album e lo rende perfetto per qualsiasi rientro in treno si spigherebbe alla perfezione. Si sta parlando pur sempre di un viaggio, ma di viaggio spirituale, un viaggio che, per compiersi, non ha bisogno di reali spostamenti.
La grandezza di quest’album, o forse sarebbe meglio dire, l’aspetto che più mi ha colpito, è la sua versatilità nel prestarsi all’ascolto. Pulviscolo è il sottofondo perfetto per cullarti in un soleggiato pomeriggio in spiaggia così come è capace di tenerti compagnia nei più intimi momenti della solitudine nelle lenzuola (nei tuoi occhi nocciola) . Pulviscolo è un album che sa essere leggero – ma non superficiale- e, allo stesso tempo, denso di significati. La scelta stessa del nome da parte dell’autore (Colombre=colore+ombre) , ossia una parola ossimorica che, come il pharmakon grego, contiene in sè le radici di due termini opposti, non deve essere letta con un’interpretazione esclusivamente musicale ma come una vera e propria dichiarazione contenutistica.
La mood da tempo delle mele che pervade tutto l’album sposta prepotentemente l’asticella verso Mac De Marco al quale Giovanni è legato anche per una sorte di attitudine DIY, artigianale, al prodotto musicale. Pulviscolo è essenzialmente un album pop – che lo si voglia definire retrò o dream pop- in cui, però, la componente lirica assume un peso così determinante da doverlo di necessità iscrivere nel filone del nuovo cauntauotorato indipendente. Alla maturazione di questa svolta ha interferito in maniera benevola e determinante la relazione a doppia mandata ,artistico-sentimentale, che intercorre tra il giovane autore senigalliese e Maria Antonietta, dalla quale, sembra aver adottato un rapporto maggiormente diretto con i testi. Giovanni Imparato, al primo album solista, non è forse riuscito a realizzare un lavoro più vero dei precedenti ma certamente un lavoro più personale,magari meno colorato, -sospeso e rarefatto- , ma sicuramente più capace di comunicare. Le reminescenze acido punk dei Chewingum non si sono comunque del tutto sopite, tornano prepotentemente a galla negli inframezzi suonati di canzoni come “Fuori Tempo” così come nell’uso delle tastiere giocattolo, ma le suggestioni musicali di quest’album si spingono decisamente oltre: dall’incontro tra Lucio Battisti ed i Talking Heads al funk italiano degli anni 80 di “Dimmi Tu”, la rivisitazione in chiave marchigiana del tropicalismo psichedelico dei Tame Impala, per non parlare della preziosa presenza sul disco di Iosonouncane in “Blatte”- una canzone che avrebbe potuto interpretare Mina– , del quale, chi ha avuto modo di ascoltare “DIE”, potrà , senza troppi problemi, carpire le affinità atmosferiche.
“Pulviscolo” è un album in camicia hawaiana per gente che, però, non è sempre capace di sorridere. Gli scrittori confluiscono la propria vita nei libri, i musicisti, fanno ovviamente la stessa cosa con gli album. Giovanni Imparato ha deciso di rompere il silenzio dopo anni e lo ha fatto in grande stile, con uno dei dischi più belli di questa ottima annata italiana. Come un novello John Fante, Colombre, si è ormai reso conto fosse l’ora di lasciarsi tutto alle spalle, con la sabbia sferzata dal vento, sia essa quelle del deserto californiano, dei Tartari o di una spiaggia di Ancona. Le risposte saranno sempre racchiuse in te stesso. Chiedi al Pulviscolo.