Appena un anno dopo la prima collaborazione, Mark Kozelek (Sun Kil Moon) e Justin Broadrick (Jesu) tornano a unire le forze nel nuovo “30 Seconds to the Decline of Planet Earth”. Il titolo cupo e pessimista ““ in linea con lo zeitgeist del mondo occidentale moderno ““ è decisamente appropriato se messo in relazione con la personalità di Kozelek. L’ex talento dei Red House Painters, infatti, è noto per essere una persona dal piglio apocalittico, scontrosa e restia alle interviste: nel 2015, una giornalista del quotidiano inglese “The Guardian” lo accusò di misoginia dopo essere stata vittima di commenti poco lusinghieri durante un concerto a Londra. Il cantautore dell’Ohio non ha mai avuto ottimi rapporti nè con la stampa, nè tantomeno con il pubblico: ciò non gli ha però impedito di assurgere allo status di artista di culto, anche grazie al suo carattere forte e a un passato tormentato. Un personaggio controverso e allo stesso tempo affascinante, autore di molti dischi osannati dalla critica (non ultimo, “Benji” del 2014) e in continua evoluzione artistica.
Mark Kozelek cerca sempre di non ripetersi: le ultime uscite a nome Sun Kil Moon ne sono il perfetto esempio. Il folk e lo slowcore degli esordi sono ormai un pallido ricordo; la musica si è ridotta a sottofondo, semplice accompagnamento per testi sempre più elaborati e personali. Un vero e proprio stream of consciousness, più recitato che cantato; una sorta di diario estremamente prolisso, in cui il cantautore statunitense annota qualsiasi cosa gli passi per la testa senza seguire logiche precise. “30 Seconds to the Decline of Planet Earth” continua su questa china, ricollegandosi ai recentissimi esperimenti spoken word e hip hop di “Common as Light and Love Are Red Valleys of Blood”. Si passa dalla descrizione del rapporto con il padre ottantenne in “You Are Me and I Am You” alle durissime accuse nei confronti di Michael Jackson e dello stardom in generale in “He’s Bad”; dagli strani fan incrociati in decenni di tour e la passione per la boxe degli interminabili 17 minuti di “Wheat Bread” all’emozione per l’incontro con Laurie Anderson (violinista e vedova di Lou Reed) ricordato in “The Greatest Conversation Ever in the History of the Universe”.
Justin Broadrick degli Jesu si limita a curare la parte musicale del disco, perfetta cornice alla verbosità incontrollata del suo compagno di viaggio. L’ex chitarrista dei Napalm Death, famoso soprattutto per essere la mente dei Godflesh (nel 2014 tornati alla ribalta con l’eccellente e durissimo “A World Lit Only by Fire”), mette a disposizione di Kozelek le sue grandi capacità compositive, senza cercare di imporre il suo stile. Le chitarre distorte e le sfumature post-metal della collaborazione dell’anno scorso sono sparite, lasciando spazio a rilassate basi elettroniche e ripetitivi beat ambient hip hop (“Needles Disney”, “Hello Chicago”). Ma è quando Kozelek torna a muoversi in territori folk e acustici che convince maggiormente: in “Bombs” e nell’intensa ballata “A Dream of Winter”, l’ex leader dei Red House Painters torna a vestire i panni a lui più congeniali di raffinato songwriter e arrangiatore, dimostrando di non aver perso lo smalto melodico dei vecchi tempi.
“30 Seconds to the Decline of Planet Earth” aggiunge davvero poco alle carriere quasi trentennali di Kozelek e Broadrick: nonostante molti scampoli di bellezza e talento puro, la sua lunghezza eccessiva (77 minuti per appena nove brani) e un discreto livello di pretenziosità lo rendono un lavoro difficilmente digeribile, consigliato esclusivamente ai fan più inossidabili degli ultimi Sun Kil Moon.