Nel momento esatto in cui ho saputo che i Bloody Knees avrebbero pubblicato un nuovo album, ho fatto un salto sulla sedia stile goal ai mondiali. Si perchè a mio avviso questi quattro ragazzi da Cambridge sono una delle band più interessanti e particolari dell’underground Inglese.
Già 3 anni fa, precisamente nel 2014, si erano presentati in maniera decisa con l’album “Stitches” tra un misto di punk UK urticante e un grunge anni ’90 da camicia a quadri, jeans strappati e “‘headbang’ violenti. Ritornano oggi nel 2017 in gran forma con l’EP “Maybe It’s Easy” confermandoci quello di cui sono veramente capaci e cioè saturare le casse del nostro stereo fino a farle scoppiare.
La copertina del disco lascia ampio spazio interpretativo tramite uno scatto di Jono White, giovane fotografo freelance Inglese dal portfolio veramente interessante. Cinque tracce per un totale di 22 minuti tra strofe melodiche a volte pacate che introducono a ritornelli aggressivi, ideali per un pogo senza regole. Un impatto sonoro generale caratterizzato da un muro di chitarre violente che si articolano tra le urla feroci del cantante chitarrista Bradley Griffiths, leader indiscusso della band.Questo il vero biglietto da visita dei Bloody Knees.
“Maybe it’s Easy” è anche il nome della prima traccia, brano scelto per far decollare il disco, questa la ricetta: intro di accordi puliti, riff di chitarre che sobbalzano tra una ritmica precisa e serrata più un ritornello diretto e accattivante. Il gioco è fatto, ci troviamo in testa la canzone stampata in maniera indelebile.
Il disco scorre perfettamente e mi sembra quasi di essere lì in prima fila ad aspettare che “‘Brad‘ si getti con la sua chitarra tra il pubblico frastornato per la potenza degli amplificatori che risuonano nella calotta cranica come martelli pneumatici. Un suono viscerale, tipico dell’underground Inglese e rappresentativo per un genere musicale che se ne fotte delle regole,delle convenzionalità e che è solito salutare alzando il dito medio.
“We Can Go Wherever” è il brano finale, una mitraglia di colpi serrati che fa salire la voglia di catapultarsi in mezzo ad un pogo vorticoso mentre il basso di Sam Conway e la botta ritmica di Tom Wilkes scivolano dolcemente abbracciandosi alla chitarra pungente di “‘Scotchy‘ in una base ideale per le grida sanguinanti e rauche di Bradley.
Una band che batte forte nelle orecchie insomma, che non lascia spazio a fronzoli vari e che sembra un treno inarrestabile in corsa, il tutto forse proprio grazie a quei suoni grezzi e genuini di cui abbiamo veramente bisogno in un’era dove la “‘Loudness war’ sembra aver preso il sopravvento nella maggior parte delle produzioni.
Ho ascoltato questo disco almeno una trentina di volte da quando è uscito, sarà che sono amante del genere, sarà che loro mi sembrano così esagerati, ma credo che lo ascolterò fino a consumarlo.
Insomma, allacciatevi bene i vostri Dr. Martens, rispolverate il vostro Fred Perry e comprate un biglietto per Londra o dintorni, dal 25 Ottobre al 9 Dicembre parte il Tour UK di “Maybe It’s Easy” dei Bloody Knees, non potete assolutamente mancare.