Suggestiva e coinvolgente la proposta degli australiani Miniatures, che partono da basi dream-pop e shoegaze di casa Cocteau Twins per aprirsi a variegati mondi sonori. Questo “Jessamines” è il loro album d’esordio a cui la band è arrivata senza fretta, cercando di affinare tutte le armi che avrebbero potuto avere a loro disposizione. In un genere come lo shoegaze è certo importante creare suggestioni e coinvolgere, se non rapire, l’ascoltatore, ma spesso si correi il rischio di battere strade già adeguatamente battute, andando a perdere sul versante originalità . I Miniatures ne sono consapevoli e sanno mescolare bene carte, melodie sempre piacevoli ed ingredienti, risultando intriganti sul versante più classico così come sulla capacità di suscitare piacevoli variazioni sul tema.
Sono i particolari, come spesso succede a fare la differenza. L’assolo di “Without Saying” ad esempio è come se Billy Corgan fosse stato invitato a suonare con i Cocteau Twins negli anni ’80 e cosa dire di “To The Lake” che pare un vero e proprio incrocio tra i Chapterhouse e i Sundays? Un pezzo capace realmente di dare assuefazione e brividi di piacere. Suggestivi ed evocativi in “Standstill” (brano capace davvero di evocare le onde che s’infrangono sulla sabbia della battigia), classicamente sonici (ma con deliziose aperture melodiche e senza distorsioni) in “Honey”, sbarazzini con candore pop in “Dust”, in cui emerge anche un lato quasi ballabile senza perdere l’aspetto etereo (capacità non di poco questa, della band, di saper misurare tutte queste pulsioni per gestirle in perfetto equilibrio) e anche così graffianti in una title track che pare quasi un assalto industrial con quella ritmica che picchia spartana. Piacevolissime sfaccettature, a cui non si può non aggiungere il magnifico lavoro vocale di Annemarie Duff, che nobilita e ammanta d’incanto ogni brano.
In un 2017 che, in ambito shoegaze, continua a dispensare meraviglie sonore, i Miniatures piazzano un disco importante e significativo. Complimenti!