Daniele Luppi, produttore musicista e arrangiatore di gran talento, è uno che notoriamente anticipa i tempi. Prima di molti altri, già a fine anni novanta, si è trasferito in America per dar lustro a una carriera che l’ha portato a prender parte a dischi tipo “St. Elsewhere” degli Gnarls Barkley o “Mondo Cane” di Mike Patton. In fondo però Luppi al Belpaese è rimasto sempre legato, omaggiando tra l’altro le colonne sonore di Ennio Morricone (e non solo) in “Rome” insieme a Danger Mouse. Quel disco, frutto di sei anni di duro lavoro e capace di mettere insieme un Jack White in gran spolvero e la gran classe di Norah Jones, era un elegante omaggio al mondo del cinema che Luppi tanto ama.
“Milano” racconta una storia diversa: quella delle top model e dei tanti emarginati che popolavano la città meneghina di metà anni ’80. La Milano “da bere” (come è poi stata chiamata) ma soprattutto la Milano di Daniele Luppi, quella che ha visto e vissuto da adolescente. Una Milano che ricorda facendosi accompagnare dai Parquet Courts, presenti in tutti e nove i brani dell’album e ospitando Karen O degli Yeah Yeah Yeahs in ben quattro canzoni (“Talisa”, “The Golden Ones”, “Flush”, “Pretty Prizes”). Strana coppia che però nelle mani esperte di Luppi finisce per funzionare in modo sorprendente. “Milano” è un album nostalgico ma non troppo, che cammina spedito lungo le strade più chic (“Mount Napoleon”) rubando sguardi e facendo muovere i piedi al ritmo ora calmo ora indiavolato di Andrew Savage e soci. Karen O invece riscopre l’allegria e il dinamismo dei primi Yeah Yeah Yeahs e in “Pretty Prizes” dà vita a un duetto con Savage inquietante e veramente fuori dal comune.
La “Milano” che Luppi descrive però non è tutta aperitivi e vivacità , anche se finisce per essere racchiusa tra i servizi fotografici di Talisa Soto (è lei la modella imbronciata di “Talisa” bonariamente tiranneggiata da Gianni Versace ) e le note impressioniste del sassofono di “Cafè Flesh”. Oltre il divertimento a tutti i costi dei ricchi e famosi, c’è un altro mondo. Quello più oscuro degli affari, della finanza, dei piccoli giochi di potere di una città che stava rapidamente diventando metropoli lasciando i più deboli dietro di sè. Atmosfere che Luppi evoca con i sintetizzatori di “Lanza” e in “Soul and Cigarette” grazie anche all’energia post punk dei Parquet Courts, fuorilegge perfetti che si trovano decisamente a proprio agio in questa organizzatissima vacanza lombarda. Qualche mese fa era toccato ai Phoenix di “Ti Amo” recuperare la spensieratezza del sound anni ottanta, ora anche Daniele Luppi vuol dire la sua e lo fa con un disco curioso, che diverte senza essere superficiale.