Con l’uscita del sensazionale debutto “Permission To Land” del 2003, sembrava che i Darkness potessero ambire a una posizione di primo piano nella scena hard rock moderna. In pieno declino nu-metal, la sfrontatezza e l’umorismo dei quattro britannici rappresentava una vera e propria boccata d’ossigeno. Prendendo in prestito idee e suoni dai grandi del passato (Queen, Thin Lizzy e AC/DC su tutti), la band pubblicò una serie di brani di enorme successo (“I Believe In A Thing Called Love”, “Growing On Me”, “One Way Ticket”) prima di sciogliersi nel 2006 tra il disinteresse generale. Dopo cinque anni di progetti paralleli abbastanza insignificanti, i Darkness sono tornati nel 2011: da allora tre album (“Hot Cakes” del 2012, “Last Of Our Kind” del 2015 e il nuovo “Pinewood Smile”) e un’intensa attività live che li ha portati ad aprire i concerti dei redivivi Guns N’ Roses (e Lady Gaga), ma anche ambizioni ridotte e posizioni in classifica sempre più basse.
Justin Hawkins e soci, però, non sembrano soffrire particolarmente questo sostanziale ridimensionamento e continuano a fare quello che gli è sempre riuscito meglio: sano e puro hard rock di matrice anni “’70 e “’80. Fin quando non escono fuori dai confini di riff e assoli memorabili, i Darkness dimostrano anche in questo “Pinewood Smile” di essere ancora in grado di mettere insieme una serie di canzoni degne di nota (“All The Pretty Girls”, “Buccaneers Of Hispaniola”, “Solid Gold” e “Southern Trains”). Le cose non funzionano altrettanto bene quando provano timidamente a uscire dal seminato: se “Japanese Prisoner Of Love” è una divertente rilettura in chiave moderna dei migliori Queen, brani pop come “Why Don’t The Beautiful Cry?”, “Lay Down With Me, Barbara” e “Happiness” sono riempitivi abbastanza fiacchi che non regalano altro che qualche melodia piacevole e i consueti begli assoli dei fratelli Hawkins. Le cose sembrano andare meglio con “I Wish I Was In Heaven” e “Stampede Of Love”, una sorta di piccola suite epica con un’introduzione acustica smaccatamente beatlesiana (l’arpeggio è preso in prestito dal Paul McCartney di “Blackbird”); ma anche qui l’abuso del falsetto da parte di Justin Hawkins alla lunga può infastidire anche i fan più appassionati.
I Darkness saranno anche solo dei simpaticoni a cui non piace prendersi sul serio, ma quando si mettono in testa di scrivere bei pezzi hard rock riescono sempre a fare un bel lavoro. Tra alti e bassi, questo nuovo “Pinewood Smile” non potrà non piacere a buona parte dei seguaci della prima ora. Difficilmente, però, permetterà al quartetto del Suffolk di tornare ai fasti di quindici anni fa.
Photo: Drew de F Fawkes, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons