Che ci crediate o meno il Britpop oggi pare essere quasi più vivo che negli anni ’90. Serate celebrative, gruppi che si riuniscono (gli Sleeper, appena visti live a Londra con i Silver Sun come supporto!!!), giornali che ricordano quegli anni con nostalgia (pure l’NME che un giorno si e un giorno no, quando non parla di Liam, piazza la classifica delle band migliori del periodo): chi l’avrebbe mai detto. Ma a tratti pare troppo facile, perchè alla fine, bene o male, sono sempre le solite band ad essere citate e questo è un peccato, perchè ricondurre tutto a Oasis, Pulp, Elastica, Supergrass e Blur è riduttivo e dimostra una ben poca volontà  di ricerca. Noi diciamo no e il fatto che gli Shed Seven, veri e propri big dell’epoca, tornino in pista con un nuovo disco ci ha fatto venire voglia di ricordare con affetto anche una decina di gruppi che negli anni ’90 avrebbero avuto tutte le carte in regola per sfondare ma, purtroppo, non ebbero quella fortuna, nonostante brani deliziosi.

Rendiamo giustizia e omaggio a queste 10 band che, a loro modo e nel loro piccolo, con un disco o un pugno di singoli, segnarono comunque un periodo, anche se di loro, oggi, sono rimaste ben poche tracce.

PS: Se vi sembrerà  di ave già  letto alcune di queste cosette che troverete scritte, beh, non vi preoccupate, è così, perchè arrivano dal mio vecchio blog “Britpop e dintorni” (ora ahimè scomparso dal web) e da un datato articolo che scrissi per Troublezine.

Flamingoes

Ma ci credete che i Flamingoes sono il gruppo in cui Simon Gilbert militò prima di andare a suonare nei Suede? I fratelli Cook (James e Jude, ora entrambi scrittori), mescolano le melodie chitarristiche degli Oasis, l’esplosività  dei Supergrass e quel pizzico di glam “alla Suede” e ti sfornano il discone “Plastic Jewels”. Tra Beatles, Bowie, punk e power-pop. Il secondo lavoro uscirà  12 anni dopo: “Street Noise Invades the House” abbassa i toni e si dimostra più pacato. “Teenage Emergency” invece suonava la carica!

Mantaray

“Some Pop” è 100% Blur-sound, anzi, dirò di più, è il disco che sarebbe potuto trovarsi benissimo nella discografia di Albarn & soci tra “Modern Life Is Rubbish” e “Parklife”, perchè british al 100%, con uno spirito sbarazzino e singoli che fanno gridare al miracolo. Se amate il britpop questo disco non può mancare nella vostra discografia. Il secondo disco “The Reds & The Blues”, pur restando valido, non mantiene questi livelli e cambia leggermente sonorità , ma, ripeto, ha ancora una sua piacevole dignità !

Bawl

Si chiamava “Year Zero” l’esordio di questi irlandesi guidati da Mark Cullen (che poi andrà  avanti come solista sotto il nome di Pony Club) che arrivava dopo una manciata di buoni singoli. Un gruppo impegnato a macinare melodie e ritornelli imediati con una classica base guitar-pop che guardava al versante Smiths ma con più impatto sonico. Non andiamo a prendere nulla da quel lavoro, sebbene i pezzi non manchino, ma usiamo come esempio la travolgente “Girls Night Out”, ottime esempio del sound del gruppo. Il disco non fu un grande successo per i ragazzi, che, da li a poco, cambiarono nome in Fixed Stars. Non per vantarmi ma io, ai tempi d’oro, avevo pure una loro maglietta. Anzi, ora che ci penso…che fine avrà  fatto?

Lick

Lascivi, avvolgenti, accattivanti, sensuali…parliamo dei primi Suede forse? No, in questo caso sto parlando dei Lick, che i loro tre singoli a mio avviso si avvicinavano moltissimo all’estetica dei primi Suede, cogliendone in pieno forma e sostanza. Uno dei tanti gruppi che meritava più fortuna. “Stand Up!” è un pezzo trascinante che magnificamente rimanda alla coppia Anderson/Butler, con un ritornello da mandare a memoria. Che poi abbiano fatto un disco mai pubblicato dalla Warner, beh, rimarrà  una delle tante ingiustizie musicali inspiegabili…

Elcka

Tra Suede e Pulp ci sono gli Elcka mi disse un mio caro amico una volta. Magari a prima vista pare esagerata come frase, ma sta di fatto che “Rubbernecking”, il loro primo e unico disco, è imprescindibile! Riuscivano a essere glam, teatrali, art-rock e avevano un cantante che imprimeva ad ogni brano una marcia in più. Se dobbiamo scegliere un brano beh, andiamo con “Look At You Now”, incantevole fin dagli arrangiamenti superbi e poi quel ritornello, mamma mia quel ritornello…

Ballroom

Quanta decadenza e quanto struggimento nei Ballroom. Guidati dalla dolce e suggestiva voce di Gary Prosser, a noi devoti sembravano un suadente incrocio tra i Longpigs più morbidi, Suede e Gene, il tutto intriso di oscurità , sensibilità  e melodrammatico romanticismo. L’NME non ebbe pietà  dell’esordio “Day After Day” e dire che si dovrebbero vergognare è dire poco! Il bello poi è che sapevano essere decisamente variegati, toccando toni vicini al Bernard Butler solista così come, in un brano come “Bionic”, sfiorare il sound dei   Chapterhouse. Questa b-side, “I’ll Never Dream” è incanto allo stato puro, elegantissima e raffinata, vero e proprio sogno ad occhi aperti.

The Hybirds

Perchè se si parla di Britpop c’è un pezzo che, a mio avviso, racchiude la freschezza del genere e non è “Alright” dei Supergrass! La prima volta che ascoltai “Seventeen” rimasi di stucco. Era il pezzo pop per eccellenza. Melodia semplice, lineare, appiccicosa, di quelle che ti rimanevano inevitabilmente in testa e appena era finita volevi solo risentirla ancora questa canzone, insomma il brano POP perfetto! Un buon gruppo questi Hybirds, che sfornarono dei buoni singoli che per lo più finirono inosservati e la stessa sorte toccò anche al loro album d’esordio…e così, come spesso succede si sciolsero nell’anonimato generale. Ed è un peccato. Influenze scolpite nella musica britannica, dagli Oasis, ai Jam, agli Who. E poi, ripeto…c’è questa “Seventeen” per cui rimarranno per sempre nella (mia) storia del pop! Attenzione perchè l’ascolto genera dipendenza immediata, sappiatelo!

Laxton’s Superb

Carlo Villa, grande capo di Supporti Fonografici (storico negozio di dischi milanese e riferimento per noi devoti), era anche scrittore su Rockerilla e successivamente sul Mucchio Selvaggio (ora conduce e gestisce, come DJ, le serate di Karmadrome al Serraglio di Milano) e una sua frase sui cari Laxton’s Superb entrò nella storia (vado a memoria ma più o meno è così): “ecco l’evoluzione vincente, dagli Stone Roses ai Blutones e dai Blutones ai Laxton’s Superb!“. Diciamo che l’equazione era perfetta e sembrava calzare a pennello ma dopo 4 singoli ci fu l’addio, eppure “Coming Around” ha sempre il suo grande perchè…

Jaguar

Ci credeva Malcom Carson, che si vedeva già  sul trono degli Oasis e non aveva problemi a dirlo nelle interviste: “Saremo famosissimi“. Certo che ascoltando la freschezza compositiva e melodica di “But Tomorrow” giuro che per, qualche secondo, l’ho pensato pure io. Il brano è una roba che arriva dritta al cervello e si appiccica li per non andare più via. Questo è brit-pop purissimo al 100%. Una gossa parte di “Noel rock”, ma anche qualche incursione in territori più groove (quasi alla Charlatans), e poi un piacevole gusto anche nelle ballate, questi erano i Jaguar. Potevano fare il botto. Potevano. Il disco non andò così bene e dei Jaguar (che poi dovettero pure cambiare nome in Carson) si persero le tracce. Comunque per chi volesse ascoltare il loro album “A Vision”, beh, nessun problema perchè è tutto su Youtube! Malcolm è tornato qualche anno fa con una nuovo gruppo, i Tape The Radio (pare però che si siano smarriti per strada pure loro!).

Subcircus

Io, nell’introdurre questa band, posso solo dire che chi ha scritto un brano come “86’d” meriterebbe di stare nell’Olimpo della musica, perchè un pezzo così è roba che l’avessero fatto i Radiohead se ne parlava per un secolo e mezzo. Certo la band di Thom Yorke è influenza forte e innegabile in “Carousel”, album di debutto dei Subcircus, ma liquidarli come cloni sarebbe ingiusto e sbagliato. Un guitar-pop lascivo e visionario che in certi frangenti (penso anche al singolo “U Love U”) si vestiva di teatrale e barocco, diventando più che sublime. Peccato che un secondo album indecoroso li abbia portati alla fine prematura.

Bonus band: Brubaker

Attenzione perchè qui si va sul difficile, o meglio, su una band che forse non ha mai neanche cominciato a gettare qualche base per tentare di fare un volo un minimo duraturo nel mondo del britpop. I Brubaker, a dire il vero, più che essere famosi per quel loro unico (e tutto sommato delizioso) singolo “Big Wide Wonder”, resteranno “nella storia” per essere più o meno imparentati con gli Oasis. Mi spiego, il loro manager era infatti Paul Gallagher (fratello dei ben più famosi Liam e Noel Gallagher), ma questa cosa non è servita neanche lontanamente a far ripercorrere sentieri dorati a questi ragazzi di Manchester. Li vogliamo però ricordare con un gioiellino guitar pop, ovvero questa “Weekend Game” che non può non scaldare il cuore di tutti gli appassionati del genere.