Sono ben tre i membri dei Nothing che militano anche in questi pregevoli Death Of Lovers: Domenic Palermo, Nick Bassett e Kyle Kimball ai quali si aggiunge la tastierista CC Loo. Il loro esordio era datato 2013, con l’EP “Buried Under A World Of Roses”, poi il discorso Nothing si è fatto importante e gran parte del tempo e delle energie sono state impiegate per quell’ oscurità shoegaze, ma le braci dei Death Of Lovers sono rimaste calde, visto che appena c’è stato un momento per registrare l’esordio i vari componenti non ci hanno pensato due volte.
Grande liberta nell’approccio al sound e ai testi e un risultato sicuramente immediato e senza forzature (a quanto dice lo stesso Palermo), che ha portato la band ad abbandonare la claustrofobia shoegaze cupa e avvolgente dell’EP d’esordio per approcciarsi a un mondo non meno oscuro, a dire la verità , ma più incentrato sul post-punk, gli anni ’80 e una wave che guarda con favore al synth-pop. I gruppi di riferimento, lampanti e più che mai riconoscibili sono Joy Division, Cure e New Order con una conoscenza importante della materia, che si concretizza in un sound che farà felici gli amanti delle band citate. Dalla spartana “Here Lies” (in odore di Depeche Mode) alla melodia decisamente ottantiana di “Ursula in B Major” (con queste chitarre che entrano in modo favoloso) e “The Lowly People”, passando per un frangente jangle-pop/Smiths di “Quai d’Orsay”, Palermo e i suoi si trovano perfettamente a loro agio anche in questo mondo sicuramente diverso rispetto a quello dei Nothing.
Derivativo, non c’è dubbio, eppure vuoi per il suo andamento sempre “pimpante” (passatemi il termine) e molto ritmato (solo “Divine Song” abbassa i toni e diventa un vero e proprio viaggio oscuro e ricco di pathos), la cura delle melodie e l’atmosfera “sinceramente vintage” che riesce a creare, il disco merita di essere promosso.