Si mette in proprio la deliziosa Anna Burch, fanciulla del Michicag, già  attiva con Frontier Rucks e successivamente nei Failed Flowers. Tra le due band quella che forse ha lasciato più il segno in Anna è la prima, perchè in effetti qui, in “Quit the Curse”, siamo bel lontani dalle sfuriate indie-pop a basso minutaggio dei FF. Sta di fatto che la Polyvinyl potrebbe davvero aver trovato un gioiellino che parte indie, ma poi potrebbe finire per far breccia anche in ambienti più ampi, magari con un singolo che trova il viatico buono per una rotazione importante. E nel disco canzoni con una tale potenzialità  non mancano (il trittico iniziale è di quelli importanti, tanto per dire).

Anna Burch non inventa nulla, sia chiaro, lavora con precisione e sapiente gusto melodico in un ambiente indie-pop-folk già  ben battuto da colleghe “cantantesse”, ma quello che forse fa scattare il mezzo punto in più è la forte componente personale e sfrontata dei testi (crudi, amari e tutt’altro che radiosi) e l’ottimo lavoro di Collin Dupuis ai suoni, che ha reso il tutto più brillante e vivace, mettendo ancora più in risalto una naturale predisposizione a quelle melodie e a quei cori che, già  al terzo ascolto, si sono appiccicati nell’angolo del cervello più recettivo. Mai troppo sdolcinata ma anzi piacevolemnte agrodolce, con la giusta devozione agli anni ’60 (così come con l’intelligenza musicale giusta per capire quando inserire piccole novità  e variazioni sul tema), la capacità  di mantenere viva l’attenzione sia nei momenti più pimpanti sia in quelli in cui il ritmo si abbassa: Anna Burch porta a casa uno di quei dischi che sapranno accompagnarci con disinvoltura lungo questo inverno, con vista alla primavera.

Credit Foto:John Hanson