Se è un sogno vi prego di non svegliarmi. Di fronte a simili suggestioni il primo impulso è davvero quello di dire: “sto sognando“, ma, per fortuna non è così. Questa è la realtà , questa è la concretezza musicale che l’ ispiratissima Lucy Dacus ci sbatte in faccia. Un disco che comincia con le parole “La prima volta che ho assaggiato la saliva di qualcun altro ho avuto un attacco di tosse“, non può non rivelarsi fin da subito portatore di verità  e onestà  che sconfinano decisamente nel personale. Quando sincerità  e “brutalità ” (concedetemi il termine) vanno a braccetto, con una punta d’ironia beffarda: tutto quello che serve per assorbire ed alaborare anche traumi, lutti e mazzate familiari non di poco conto. Pelle d’oca.

Musicalmente è lirismo guitar-rock al femminile, capace di spaziare dal folk a distorsioni anni ’90 che ci mandano letteralmente in paradiso (il finale di “Night Shift” è roba che rimanda quasi ai Radiohead dei tempi d’oro del secondo disco). Il suono è potente eppure capace anche di una dolcezza surreale, si esalta in ritornelli deliziosamente indie-pop per poi farsi improvvisamente più spesso, scuro e sonico. Strutturati in modo perfetto gli arrangiamenti d’archi o di fiati, che fanno capolino nei momenti giusti, mai per soffocare ma per impreziosire il tutto.

Lucy ha 22 anni. E sembra una veterana. Ha fatto un secondo disco enorme, che lascia senza fiato e senza parole. E no, non è un sogno.